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Pensieri dell'altrove

Guardare la paura negli occhi, per non aver paura

Guardare la paura negli occhi, per non aver paura

C'è sempre una sorta di infiammazione ansiosa, un panico scomposto, durante l'attesa di un evento della vita. Una incisione tecnica fra la preparazione e la pratica, il programma e l'inprevisto, la ragione e l'emozione. Succede che più passino gli anni più alcuni 'eventi' non abbiano molte opzioni, devono accadere e basta. Allora tu guardi intorno alla tua vita e cominci a fare dei conti, delle previsioni, sollevi dei veli e vedi sotto, spesso hai paura, ma non te lo dici. Non è necessario dirselo, lo capisci. A pensarci bene, la cosa con la quale conviviamo per gran parte della nostra vita è la paura. Di questa coabitazione molti ne fanno un capolavoro, la paura può diventare una crepa ornamentale, un ritorno dipinto, una tempesta rivisitata, una certezza innocente. La paura come opportunità  per braccarla. Una ragione romantica, una decisione accettata. Ma la paura non approva né conosce la sua semplificazione. E neppure conosce ferie. Si addormenta, ma ha il sonno leggero. Si allontana, ma tu senti il guinzaglio. Il vero talento è non cedere alla tentazione di dire: io non ho paura. Esiste, come un tramonto che ti toglie il fiato, un respiro affannato, come il futuro più sincero e inevitabile
che ti possa capitare. Essere padroni delle proprie vite, per me non significa essere invulnerabili. Significa avvicinarsi  alle vite degli altri, arrivare alle nostre fragilità ed abbracciarle, significa essere autentici invecchiando e scegliendo. Significa avere paura. Di un evento inatteso, di un dolore in agguato, di una stagione sconosciuta, di un saluto perduto. In tempi di saldi non facciamo sconti alle parole, agli incontri, al potere di un sorriso, alla seduzione di una relazione umana. Riempiamoci di suggestioni, invitiamoci a fare sogni, facciamoci compagnia. Perché 'panta rei', tutto scorre. Anche noi.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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