La geografia mi è sempre piaciuta. A scuola, da ragazzini, studiare la geografia è il primo serio tentativo di aprire le finestre sul mondo, su questa palla su cui è appiccicato il mare, vastissimo, montagne che arrivano ai piedi di Dio e puntini più o meno luminosi che visti dall'alto sono le città. Aggregazioni naturali ed insediamenti urbani, nei quali noi uomini sembriamo tante formichine intente a seguire i giorni riscaldati di sole e a farci accendere la luce per la notte dalla luna. La materia ai miei tempi si divideva in 'geografia fisica' e 'politica'. Col tempo ho capito che è assai approssimativa questa definizione, di geografie ce ne sono ancora altre: la culturale, la territoriale, l'economica, la settentrionale, la meridionale. Quella dei poveri, quella dei potenti, quella dei soprusi, quella degli abbandoni. C'è persino quella che si accaparra qualunque tipo di elegante visibilità e/o di business potente a scapito di quella che per definizione è considerata una geografia dei luoghi brutti, sporchi e cattivi. Io vivo nella seconda geografia. Sono ancora pieni i telegiornali, i quotidiani, le riviste, di articoli e servizi dedicati alla settimana della moda milanese. Glamour. Fashion. Tendenze. Passerelle. Party. Creatività. Guest star. Top model. E Money, tanto money. Di contro, negli stessi giorni, nella scaletta delle notizie Tg, anche a Napoli e più precisamente a Casal di principe c'erano riflettori puntati su altri affari del luogo, e cioè su rifiuti tossici sotterrati indifferentemente vicino a ludoteche o campagne e case, tante case. La "terra del fuoco" (perché poi di questi rifiuti c'è la velenosa combustione) contro la Milano da bere, magari in compagnia degli stilisti e di cosce lunghe con tacco 15. Il 'Martini' con l'olivetta verde sorseggiato sulla terrazza del pirellone e il caffé del professore (un caffè già pagato da qualcuno per un altro qualcuno senza soldi) preso al sole e nel caos endemico del centro. La geografia, che bella ecumenica espressione per spaccare dei microcosmi, diffusi e divisi nell'aria di una stessa patria, di uno stesso paese, di una stessa terra. Ma io dico: sarebbe così folle ed improponibile investire su un'idea rivoluzionaria, su un progetto audace, straordinario e coraggiosissimo e proporre, solo per una volta, per carità, la settimana modaiola ai piedi del Vesuvio? Ci sono in questa città anime, intelligenze, volontà politiche per organizzare, proporre, pensare finalmente in grande? Perché sentirsi sempre i figli di un Dio minore? Mi viene rabbia e tenerezza, orgoglio appannato e voglia di rivoluzione. E anche quel senso di appartenenza che vorrebbe essere verso la nazione intera, ma che a volte percepisco timido e altre volte decisamente rifiutato. E così, trovandomi a Napoli nel periodo della stellare settimana della moda milanese, ho sorriso fino alla commozione quando, in un bar, un signore griffatissimo (made in Naples o Milano, non lo so) che parlando con un'amica ad un certo punto, serissimamente dice: "si, va buo'..ma a me m piac assai chella vesta e Iss san dorà"..Adorabile gente di Napoli, che rende il sofisticato e francesissimo Yves Saint Laurent uno che ha lo sgabuzzino sull'ammezzato di un condominio di via Toledo.
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Mariantonietta Ippolito
Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.