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Pensieri dell'altrove

San Pietro, San Remo, San Valentino: quanti santi per un "paradiso" di fragile umanità

San Pietro, San Remo, San Valentino: quanti santi per un "paradiso" di fragile umanità
Giorni intensi. Di politica, di riflessioni profonde, di canzoni. Si va da San Pietro a San Remo, San Valentino pure. Molte le centralità di discussioni, tutta una serie di situazioni aperte. Il Papa compie un gesto che scuote il mondo e ci fa pensare ad un aspetto delicato che sono i nostri limiti. Siamo moderni, intelligenti, evoluti, potenti. Ma rimaniamo umani, non dei. Questa figura, a metà fra il terreno e il divino, diventa ad un tratto consistentemente 'sostanza' umana, fragile, vulnerabile, arresa. Mi ricorda per alcuni versi il film di Moretti, il racconto di un Papa appena eletto che sente l'inadeguatezza ed il peso di un ruolo spaventosamente pesante. Il mondo dei credenti sente il bisogno di avere una chiesa retta, onesta, giusta, anche interlocutoria. Ma soprattutto una chiesa che, pur nel suo statuto di regole e dogmi, cominci a capire che le domande sono sempre più pressanti e profonde, e che le risposte chiare, e scomode, non allontanerebbero, semmai il contrario. E già questo gesto rivoluzionario restituisce una immagine a dimensione ridotta di un uomo che invece siamo portati a vedere solo come un 'potere'. Le fragilità spesso non si raccontano, ma altrettanto spesso si vedono. Le fragilità sono fili di tristezza, di solitudini, di nebbia. Poi si incontrano e si ammassano, diventano pietre, grumi, affanni.Si stratificano come i fiocchi di una nevicata, tutto di ferma e si cristallizza, ma le risorse della natura ci conservano fino al disgelo della primavera, che arriva e dà le vitamine all'anima ghiacciata. Cosi, si riaccendono i colori, si riascolta la musica, si canta una canzone di Sanremo… Sanremo: bella, quella di Gualazzi, intima ma moderna, senza troppa estensione ma con un testo nuovo che mi ha colpita. Perché tutto torna, anche nei testi delle canzoni, se vuoi, ci trovi le fragilità. E sul palco dell'Ariston, fra un microfono e un abito da urlo, fra contestazioni per fare audience e “ospiti d'onore”, scenografie che non capisce nessuno e ritualità del voto (che, anche lì, non capisce nessuno), ritrovi la delicata e necessaria emozione. In una voce che trema o in un luccichio di una lacrima abbozzata, in una mano che suda, in uno sguardo intimorito, capisci che davanti ai copioni, per quanto perfetti e rodati, “'alti”  o popolari, ci siamo noi: gli uomini. Così potenti, così vulnerabili. Sia se siedi sul trono di Pietro, sia se scendi  le scale di un palcoscenico. Uomini, così diversi nelle sorti, così simili nelle paure.

 

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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