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I Pensieri dell'Altrove

Il tempo dei giorni anziani

Il tempo dei giorni anziani
I mattinieri come me sono quelli che all'aperitivo preferiscono la prima colazione, gli esercizi commerciali non tutti aperti, l'aria ancora bagnata dall'umore della notte. La mattina presto tutti quelli che incontri sono disposti e disponibili a dirti un 'buongiorno' più motivato, speranzoso, a raccontarti il brutto sogno di qualche ora fa per scacciarlo definitivamente dal petto, a fermarsi a fare due chiacchiere in più per ossigenare l'ottimismo. Siamo sempre gli stessi, facciamo gli stessi giri, ci riconosciamo dalle macchine, ci aspettiamo, ci contiamo. Nelle prime ore dell'avvio mattutino incontro i bambini che vanno a scuola, la mia nipotina che mi saluta dietro il finestrino dello scuola bus, l'amica che va al lavoro e che mi ha fatto conoscere il caffè al ginseng, quello che, si dice, ti fa andare a mille per tutta la giornata (ma a me non è ancora successo, devo perseverare, forse come per taluni psicofarmaci agisce per accumulo), incontro i miei amici operatori ecologici, trovo i cani che fanno le loro rituali ispezioni nei sacchetti, incontro anche i nostri anziani. C'è una profonda discrepanza fra quelli che ci lasciano e le vite nuove che arrivano, penso che il mio paese sarà sempre più abitato da capelli bianchi che da forze giovani, penso al pelo sullo stomaco che dovrà appartenere a chi deciderà di restare e non di partire, penso a quante porte chiuse verranno assegnate solo ricordi di facce e di racconti che sono stati parti della nostra vita. Sono belli, i vecchietti del mio paese, li vedi andare a fare la spesa con una puntigliosità da ragionieri pluri decorati per il metodo con cui scelgono e pagano; i maschi li puoi incontrare seduti al sole tutti in fila, con il loro bastone, la camicia di flanella beige rigorosamente abbottonata, attacco del colletto alto e così stretto che pare se li strangoli, il maglione marrone indeciso, i pantaloni color nocciola agé, taglio tubolare, di quella lana un po' stanca e un po' ruvida, come sono le giornate in dotazione. Hanno rughe come viottoli, mani con l'artrosi e la pelle sottile, ci puoi vedere in trasparenza la vita, il cappello che protegge la memoria e i pochi capelli sottili, hanno sguardi come fiumi chiari. Sono teneri verso i bambini, indulgenti verso i ragazzi, arrabbiati verso aspetti della vita che nell'ordine comprendono: "il governo", " la sanità", "la pensione", " la scostumatezza". Raccontano storie che sono sempre le stesse, ma sono diventate le loro vene calde, dispensano raccomandazioni, interpretano le nuvole, conoscono i significati dei diversi suoni delle campane, ti stringono nei ricordi, sanno che è questa, l'eredità comune da consumare. Sono belli, nella fragilità di incontri che diminuiscono, nella potenza di volerli ancora cercare. Camminano lenti, ad ognuno il suo tempo, ed ora ce n'è, sebbene si tratti di un tempo coniugato fondamentalmente al presente. Giri mattutini propedeutici ai due grandi appuntamenti del giorno: ufficio postale e ambulatori medici. Sono belli, i vecchi e le vecchiette del mio paese, seduti composti con indosso i giacconi blu, neri o marroni, tutti in fila al muro, fra un colpo di tosse catarrosa da bronchite cronica e l'anca che fa male da non dormire la notte, fra una stretta di mano ossuta ed un occhio con la cataratta oramai precipitata. Sono teneri ed ossequiosi, a volte divertenti quando si sfottono fra di loro, in una sorta di gioco a chi è più esagerato e chi più dritto, più spocchioso o più timido. Tutti in fila, per la pensione o per la ricetta, irregimentati  in consuetudini che per loro appaiono come appuntamenti imperdibili e imprescindibili, tutti con un atteggiamento da soldatini rigidissimi alle consegne. E forse sarà per questa ultima ragione che, se per caso ti trovi in affanno di tempo e chiedi loro con educazione e con rispetto se, sempre per caso, ti fanno la cortesia di passare avanti, questi docili, teneri e coccolosissimi nonnini si trasformano improvvisamente e senza possibilità di difesa in un branco feroce di iene. E per di più anziane… Il tempo? Può avere valori trasversali, ma sono assoluti per tutti. (Con affetto, dedicato ai nonni)

 

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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