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La défaillance erotica… il ‘malocchio’ e le cure

Se scorressimo le pagine della letteratura greco-latina scopriremmo che la ‘piaga’ più temuta era la défaillance a letto, per lo meno dagli uomini

La défaillance erotica… il ‘malocchio’ e le cure

Sono innumerevoli  i passi d’autore in cui si fa riferimento a spiacevoli episodi di “impotentia”, che venivano imputati a veneficium o fascinus verborum (“potere della parola” da cui il nostro termine ‘fascinatura’). Tale maleficio era il più temuto da qualunque uomo, dal momento che era la forma di vendetta più crudele e più frequente di amanti gelose o rivali in amore

Peste, dissenteria, malaria? Quale era il malanno più atroce per i nostri antenati latini? Nulla di tutto ciò; se scorressimo le pagine della letteratura greco-latina scopriremmo che la ‘piaga’ più temuta era la défaillance a letto, per lo meno dagli uomini (e non potrebbe essere diversamente!). Sono innumerevoli, infatti, i passi d’autore in cui si fa riferimento a spiacevoli episodi di “impotentia”, che venivano imputati a veneficium o fascinus verborum (“potere della parola” da cui il nostro termine ‘fascinatura’). Tale maleficio era il più temuto da qualunque uomo, dal momento che era la forma di vendetta più crudele e più frequente di amanti gelose o rivali in amore; se una donna voleva colpire un uomo ‘nel profondo’ non aveva che da ricorrere a queste pratiche magiche che ne annullavano la virilità. L’esempio più antico di cui si ha memoria è niente poco di meno che nell’“Odissea”: il dio Ermes avverte Ulisse di stare attento alla maga Circe, affinché «non ti renda vile e impotente, una volta spogliato» (non a caso Circe era considerata la ‘maga’ per antonomasia). Ma gli esempi più numerosi di défaillance erotiche le troviamo nella letteratura latina; si badi al poeta Tibullo che così racconta una performance andata male: «Spesso ho tenuto un’altra tra le mie braccia, ma quando ero vicino al piacere, Venere mi riportò alla memoria la mia amata e mi abbandonò; quell’altra mi disse ‘stregato’»; o ancora Ovidio: «Tuttavia il mio membro fiacco rese vano il mio proposito […] Forse il mio corpo è stregato? Forse mi nuocciono formule magiche o una maga ha fissato il mio nome sulla cera?». Ma certamente l’episodio più divertente si legge nel “Satyricon” di Petronio, in cui il protagonista è colpito da “infirmitas” permanente per aver offeso il dio Priapo (dio della virilità, raffigurato non a caso con un enorme fallo): «È morto e sepolto quel membro del mio corpo con cui ero un Achille! […] Ricordati solo una cosa, che non io ma il mio strumento ha fallato. Soldato già pronto alla battaglia, non ho potuto impugnare le armi» così si scusa il povero Polieno con la donna che ha ‘mandato in bianco’ e per porre rimedio ‘all’onta’ si affida dapprima ad una vecchia fattucchiera, poi alla sacerdotessa di Priapo. Tale ‘male’ – in un popolo che credeva fortemente al potere di forze sovrannaturali – non poteva che essere curato con la stessa magia, ossia per ogni maleficium c’erano formule o rituali terapeutici per annullarlo. Le pratiche a cui viene sottoposto lo sciagurato per risanare la pars corporis ‘malata’, ovvero l’instrumentum (per dirlo alla latina), sono tra le più degradanti. Ma se lasciamo il genere del romanzo per avvicinarci alla letteratura didascalica (e dunque più seria) troveremo che Plinio il Vecchio prescriveva vere e proprie ‘ricette mediche’ ai romani di circa duemila anni fa. La superstizione popolare attribuiva, ad es., una valenza magico-terapeutica alla saliva «Qualunque sia il membro intorpidito lo si riattiva se ci si sputa in grembo o si tocca con la saliva la palpebra superiore dell’occhio»; ancora, avrebbe proprietà afrodisiache e medicamentose il satirio (pianta appartenente alle orchidacee) che «applicato insieme a farina d’orzo fa guarire i gonfiori e le malattie delle zone genitali. La radice, applicata a latte di pecora, provoca l’erezione, mentre presa nell’acqua, la fa perdere». Proprietà terapeutiche – spiega Plinio – aveva poi l’urina, di cui «qualche goccia fatta cadere al mattino sul proprio piede è un antidoto contro ogni maleficio. […] Fra i metodi contro i sortilegi vi è quello di sputare sull’urina emessa». E sarebbero ancora tanti gli afrodisiaci elencati, dalla carne delle chiocciole di fiume al molare di un coccodrillo, alle scaglie di tartaruga, ad un ramo di abrotano sotto il cuscino. Si trattava di mera superstizione? Oppure tali rimedi avevano davvero un potere ‘officinale’? Provare per credere!

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Alba Subrizio

Alba Subrizio
«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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