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I pensieri dell'Altrove

Il bagnino del sole, in un mare di solitudine

mare

Luca ha gli occhiali da sole che vanno tanto quest'anno, quelli con le lenti a specchio blu elettrico e la montatura rosso scuro. Ha braccialetti di corda al polso, un po' consumati, ma di quel tanto che sa di pulito e di giovane. Ha la pelle scura, di chi prende sole da maggio e ancora non si è stancata di averne, gli vedi i peli delle braccia in controluce, non danno fastidio, sono un accessorio naturale che attestano la maschile indifferenza alle cerette (almeno lì) e la disinvoltura del pelo libero. Luca quando si toglie gli occhiali gli vedi il segno chiaro intorno alla zona degli occhi neri, fessure mediterranee che fanno il paio con un sorriso bianchissimo, che esibisce spesso, perché forse gli hanno detto che quando sorride anche con i denti è bellissimo e ridiventa bambino. Luca ha muscoli tonici ma non esagerati, un corpo strutturato ma non palestrato, capisci che fa ginnastica solo perché fa bene alla salute, o forse gioca al pallone e questo può bastare alla sua età. Ha pantaloncini rossi e maglietta rossa, con su scritto il nome dell'hotel per cui lavora e una targhetta discreta col suo nome. Luca è il bagnino della spiaggia in cui sono stata. È mia abitudine da sempre scendere al mare prestissimo e così, quando lui prendeva servizio, io ero già lì da un bel po'. Il suo gesto, subito dopo essersi sfilato lo zainetto nero, era di venire da me quasi a chiedermi scusa, quasi a voler sapere se avessi bisogno dì qualcosa, oltre a sistemarmi l'ombrellone. Lo zainetto nero a me è sempre parso leggero, eppure quando lo sfilava dalle braccia era come se si scrollasse di dosso un pilastro di cemento armato, tanto appariva faticosa la manovra. Luca è sempre sorridente con tutti, attento e gentile, senza essere affettato; educato e dolce, senza essere fastidiosamente finto. Luca, però, lo "senti" triste. Di quella tristezza che non è provvisoria, ma profonda, non legata all'umore di una giornata ma che è trascinata come una pietra grossa legata ad una caviglia, come uno zainetto che però anche se te lo togli resta attaccato alle spalle, quella tristezza che nei giovani leggi subito, perché ancora ne hanno di cose brutte da conoscere ed assorbire. Poi, arriva una mattina che Luca lo vedo al mare molto prima delle nove, scarica lo zainetto, mi offre acqua fresca, si siede a terra sulla sabbia di fronte a me. E parla. Un padre definito 'una canaglia', una sorella minorenne ritirata da scuola perché le assenze sono più dei suoi anni, assenze riempite però dal 'giro brutto' da cui è stata sedotta, e una madre, dolce ma stanca di vivere da mettere paura. È lui la custodia vera della famiglia, ed è lui che con i soldi che guadagnerà questa estate volerà in Inghilterra per cercare di ridisegnare la sua vita lontano dai dolori della sua casa. Un altro cielo per cercare un lavoro e poi, forse, subito dopo cercare di salvare la mamma stanca di vivere e la sorella persa. Mentre mi parla, Luca usa sempre meno l'italiano e sempre più il sardo, quasi che le parole difficili da dire e le situazioni afflittive da descrivere hanno il bisogno di uscire dal cuore più in fondo, quello più stretto, più selvaggio, quello più autentico. E pazienza se non lo capisci bene, il sardo, tanto alla fine hai capito benissimo lo stesso. E pazienza  se poi arriva gente e gli ombrelloni vanno aperti e gli ospiti vanno salutati, il sorriso bello va messo a disposizione della giornata, gli occhiali blu-specchio devono nascondere i veri specchi di dentro e lo zainetto nero si svuota solo di acqua fresca. Mentre io resto lì, un po' disarmata e  un po' a disagio a prendere il sole, e mi viene in mente come una sberla che il sole può illuminare la terra, il mare, i corpi, ma quasi mai illumina le storie degli uomini e la loro anima, seppure giovane.  Si alza il vento, Luca ci dice che è maestrale, che pulirà il mare e che sarà meno calda l'aria. Luca conosce tutti i venti, anche quelli  spietati che spingono e danno dolore dentro. Vai sotto vento, riparati dal vento, ma soprattutto che il buon vento sia con te, ragazzo. E stamattina ho finalmente capito bene che cosa avevi di così pesante nel tuo zainetto nero.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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