AntichiRitorni
20.09.2015 - 01:19
Oichonoe, 430 a.C., proveniente da Locri
Spesso si trattava di straniere per status sociale ma donne colte (musiciste, poetesse) che coltivavano le arti e che finivano per divenire l’amante di un uomo in vista. La più nota alla storia è Aspasia, amante del tiranno ateniese Pericle e da questo talmente apprezzata tanto da considerarla sua consigliera in materia politica
Avvenenti signorine che accompagnano uomini d’affari o politici piuttosto in vista, facendogli quasi da ‘scorta’ per lauti compensi, di qui il termine inglese “escort”, che tanto sta imperando nelle cronache degli ultimi tempi. Secondo alcune definizioni, che si trovano facendo una semplice ricerca sul web, si legge che la escort, oltre ad accompagnare il ‘potente’ di turno per ‘abbellire’ le sue cene, spesso elargisce anche favori sessuali nel dopocena; la escort non è una banale prostituta ma si tratta talvolta di ragazze diplomate o laureate (?) reclutate tramite agenzie (e pertanto più costose di una “pretty woman” ingaggiata sul marciapiede). A ben guardare, se è vero – come dice il proverbio – che la prostituzione è un mestiere antico tanto quanto il mondo, anche quello dell’‘accompagnatrice’ lo è, e ancora una volta gli antichi Greci salgono in cattedra. Ebbene, nell’antica Atene, per un cittadino era lecito sposare solo una cittadina ateniese; la donna non godeva di diritti politici e sostanzialmente (passando dalla ‘patria potestas’ a quella del marito) trascorreva la maggior parte della vita nell’oîkos (la “casa”), qui era padrona e regina ma fuori da essa il suo volere era pari a nulla. Oltre alla moglie legittima era consentito avere anche una concubina, nella maggior parte dei casi una schiava o una prigioniera di guerra (che non godevano dei diritti politici né civili); ma ancora più spesso un uomo ateniese amava farsi accompagnare al simposio da un’hetáira (etera), termine che vuol dire “compagna” e che deriva da hetairía (un’associazione/consorteria arcaica i cui membri, tutti uomini legati da un giuramento, trascorrevano del tempo assieme). Se le donne non potevano trascorrere il tempo con gli uomini né fuori casa, né tanto meno dentro (c’era una parte apposita dell’abitazione detta ‘gineceo’ deputata ad esse), le etere erano invece ammesse al simposio; spesso si trattava di straniere per status sociale ma donne colte (musiciste, poetesse) che coltivavano le arti e che finivano per divenire l’amante di un uomo in vista. La più nota alla storia è Aspasia, amante del tiranno ateniese Pericle e da questo talmente apprezzata tanto da considerarla sua consigliera in materia politica, cosa che le attirò non pochi strali da parte del commediografo Aristofane, che arrivò a definirla “pórne” e addirittura “laikástria”. Questi erano gli ultimi ‘stadi’ della prostituzione: dopo le concubine e le etere c’erano infatti le pórnai, ossia prostitute da strada, alle quali appartenevano la donne più povere che si concedevano all’occasione. Il termine “laikástria”, invece, indicava la stessa cosa, ma aveva un tono più offensivo: infatti, derivante dal verbo greco “laikázo” (= leccare), indicava propriamente la fellatrice. Che cosa è cambiato da ieri ad oggi? Forse i vocaboli, ma certamente mi è difficile paragonare donne del calibro di Aspasia alle biondine siliconate che accompagnano i nostri politici, così come mi è altrettanto difficile equiparare gli odierni protagonisti della politica ad uomini del calibro di Pericle.
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