AntichiRitorni
11.10.2015 - 00:11
Ciò che ci interessa nel racconto ovidiano, tuttavia, è il particolare riferimento alle “chele dello Scorpione”: di cosa si tratta? In realtà con questo nome era definita la costellazione che oggi chiamiamo Bilancia
Nel II libro delle sue celebri “Metamorfosi” il poeta latino Ovidio racconta che, un giorno, il giovane Fetonte, per dimostrare a tutti di essere realmente il figlio di Apollo, dio del sole, volle a tutti i costi guidare il carro del padre, pur essendo ancora inesperto e assai poco preparato all’impresa; in tal frangente Apollo ammonisce il caparbio ragazzo di fare attenzione ai pericoli e alle insidie cui sarebbe andato incontro nel cammino celeste: nella fattispecie le corna del Toro, le frecce del Capricorno, la bocca del violento Leone e, non ultime, le feroci Chele dello Scorpione. La storia non ha un lieto fine, dato che i cavalli del Sole sfuggono al controllo di Fetonte che, non solo finisce quasi per incendiare un tratto del cielo (da cui avrà origine la via Lattea) e parte della terra (originando il deserto di Libia), ma infine perde la vita. Ciò che ci interessa nel racconto ovidiano, tuttavia, è il particolare riferimento alle “chele dello Scorpione”: di cosa si tratta? In realtà con questo nome era definita la costellazione che oggi chiamiamo Bilancia (a quanto pare una tarda acquisizione della disciplina astrologica, che anticamente era vista come prolungamento dello scorpione stesso), collocata tra la Vergine a ovest e lo Scorpione a est. Secondo il latino Manilio la Bilancia era il segno nel quale le stagioni sono in equilibrio e le ore del giorno e della notte combaciano, con riferimento al fatto che l’equinozio d’autunno cadesse proprio sotto questa costellazione; ma gli antichi associavano i ‘piatti’ della bilancia anche all’idea di Giustizia, non è un caso che la dea greca Themis fosse rappresentata con due piatti, per soppesare la giustizia, e sempre al fianco del trono di Zeus. C’è ancora un particolare interessante nella storia di Fetonte: si parla infatti di un ‘incendio’, da cui nacque la via Lattea. Ebbene, benché i nostri antenati non avessero la strumentazione astronomica odierna, talvolta, usando il mito per spiegare alcuni fenomeni, non si allontanavano di molto dalla verità: difatti, ancora oggi quel luogo del cielo zodiacale, dal 19° grado della Bilancia al 9° dello Scorpione, viene chiamato “via combusta” dagli astrologi, a ricordo dell’incendio e della catastrofe causata da Fetonte. Ma dato che tra un po’ entriamo nel segno dello Scorpione, spieghiamo da dove nasce la sua storia tra le costellazioni. Questo animale è strettamente collegato al mito di Orione, costui è noto per essere stato un abilissimo cacciatore, devoto alla dea Diana/Artemide e da lei amato. Si racconta che Orione, creato dall’urina di Giove, Nettuno e Mercurio (da cui il nome Urion/Orion), trovò la morte per il morso di uno scorpione, inviato da Diana, perché gelosa delle attenzioni dell’amato cacciatore per un’altra, o – secondo differenti versioni – da Apollo, contrario all’amore della sorella per Orione; fatto sta che Zeus, mosso a pietà per quanto accaduto, collocò il cacciatore tra le stelle, da cui la nascita della costellazione di Orione, insieme al suo fedelissimo cane Sirio, ossia la costellazione del Cane Maggiore (la cui stella principale è la più lucente dell'Emisfero Boreale), mentre fece sì che la costellazione dello Scorpione sorgesse esattamente quando tramonta quella di Orione, così da non poterlo più insidiare.
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