AntichiRitorni
22.11.2015 - 01:10
J.W. Waterhouse (1903)
C’era una volta la ninfa Eco, che, da gran chiacchierona qual era, era solita intrattenere la dea Giunone, mentre quel buontempone del marito Giove rincorreva avvenenti ninfe qua e là. C’era una volta anche un bellissimo giovane, Narciso, figlio del dio fluviale Cefiso e della ninfa Liriope
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona” diceva il sommo poeta, ma spesso nella vita non è affatto così: ad amore non corrisponde amore e spesso colui il cui amore è rifiutato, se non anche sbeffeggiato, si logora fisicamente e psicologicamente nella sofferenza. Gli antichi riuscirono a spiegare molto bene questa sensazione, ricorrendo ancora una volta al mito, dando ‘vesti’ umane a sentimenti e stati d’animo. Così, c’era una volta la ninfa Eco, che, da gran chiacchierona qual era, era solita intrattenere la dea Giunone, mentre quel buontempone del marito Giove rincorreva avvenenti ninfe qua e là. Un giorno la dea dell’Olimpo si accorse dell’inganno e punì severamente Eco, privandola del dono della parola e lasciandole solo la possibilità di ripetere le ultime sillabe sentite da altri: «Potrai servirti ben poco di questa lingua che si è presa gioco di me ed emettere solo suoni brevissimi» sono le parole che leggiamo nel III libro delle “Metamorfosi” del poeta latino Ovidio. C’era una volta anche un bellissimo giovane, Narciso, figlio del dio fluviale Cefiso e della ninfa Liriope; la madre del bellissimo fanciullo ricevette un oracolo, per cui il figlio sarebbe stato eternamente giovane e sano fin quando non avesse conosciuto la propria immagine. Così Narciso cresceva forte e sano, amato da tutti, ma per questo altero e superbo, disprezzando ogni essere (uomo o donna) che lo amava e facendosi beffa dei sentimenti altrui. Un giorno la bella Eco vide il giovane e se ne innamorò perdutamente, al punto da seguirlo in ogni dove, amandolo a distanza, nutrendo il suo sentimento della sola vista dell’amato. Quando Narciso si accorse della presenza, cominciò a porre domande: «Chi c’è?», «Perché fuggi?», «Incontriamoci», ricevendo in risposta solo la ripetizione dell’ultima parola o sillaba pronunciata; ma Eco decise di venire allo scoperto, protendendosi verso l’amato che però la cacciò malamente: «Toglimi le mani di dosso! Vorrei morire piuttosto che darmi a te!», dinanzi a queste parole il dolore invase Eco, che, logorata dall’amore non corrisposto, cominciò lentamente a consumarsi nel corpo e nell’anima, finché di lei non rimase che la voce… le sue ossa divennero rocce di caverne, i cui antri, risuonando, restituiscono quella che noi chiamiamo eco. Gli dèi allora, offesi dall’eccessiva superbia del giovane, fecero sì che mentre beveva ad una fonte incontrasse, riflessa nell’acqua, la sua immagine. Da quel momento Narciso si innamorò di essa, fino ad impazzire per non poterla avere né toccare, cosa che lo condusse alla morte; secondo alcune versioni del mito si uccise nel tentativo di abbracciarsi, cadendo in acqua, secondo altri morì logorato dal dolore. Riferisce Ovidio che al posto del suo corpo fu trovato un fiore dal color di croco, cinto di petali bianchi: il narciso. Ben si adatta questa triste storia a spiegare la potenza devastante dell’amore, che ‘consuma’ chi ne è affetto, ma anche l’afasia amorosa: Eco, difatti, è la personificazione mitica dell’impotenza che spesso caratterizza il discorso amoroso, ossia l’incapacità di comunicare, di proferire parola in presenza dell’oggetto dell’amore. Dall’altro lato vi è la spiegazione del ‘narcisismo’, inteso come disturbo della personalità, il cui sintomo principale è un deficit nella capacità di provare empatia verso altri individui: si badi, infatti, che Narciso è punito non perché non ama Eco ma per il suo egoismo, per la sua durezza nello sbeffeggiare i sentimenti altrui. Gli antichi lo avevano capito prima di Freud e di Kohut e lo avevano spiegato con una semplice ‘fabula’ mitologica, utile anche a illustrare l’eziologia di un fenomeno acustico e di un fiore. Quando vi capita di sentire l’eco delle vostre parole, fate sì che il vostro pensiero vada anche alla triste ninfa.
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