AntichiRitorni
16.01.2016 - 23:48
E. Morgan, Clytie (particolare)
Ebbene, c'era una volta Clizia, figlia di Oceano e Teti, innamoratissima di Apollo e da questi ricambiata fino a quando il dio non si invaghì perdutamente della bella Leucotoe, figlia di Orcamo, re degli Achemenidi.
Non c’è cosa peggiore di una persona che soffre d’amore per qualcuno che soffre d'amore per qualcun altro. È una storia antica tanto quanto il mondo, a cui non si è potuto sottrarre neanche il dio Apollo. Il mito racconta che tante furono le donne amate dal dio (aveva preso dal papà Zeus!), tra queste c'era la ninfa Clizia, figlia di Oceano e Teti, innamoratissima del dio e da questi ricambiata fino a quando Apollo non si invaghì perdutamente della bella Leucotoe, figlia di Orcamo, re degli Achemenidi. Secondo il mito fu Venere che, per vendicarsi del fatto che Apollo l’avesse ‘sorpresa’ in flagrante adulterio con Marte, lo fece innamorare della bella fanciulla. Così il dio dimenticò ogni sua precedente amante per giacere esclusivamente con Leucotoe; cosa che provocò immenso dolore e gelosia in Clizia. Orbene, è risaputo che non c’è donna più pericolosa di una folle di gelosia perché tradita e abbandonata, per cui la ninfa raccontò al re dell’adulterio che si consumava a sua insaputa proprio sotto il suo tetto. Orcamo, allora, punì la figlia seppellendola viva. Nulla poté Apollo, che pure cercò con i suoi raggi di restituire il calore vitale alle amate membra; così che, dopo aver cosparso di nettare profumato la terra dove giaceva la fanciulla, disse: «Tu sarai comunque in grado di raggiungere il cielo», e da quella terra sorse allora l’incenso, che col suo profumo può raggiungere la volta celeste. Non è un caso che la pratica di bruciare incenso nei sacrifici o nei rituali, perché si riteneva fosse gradito agli dèi, sia antichissima (già nell’antica Grecia), al punto che la ritroviamo anche nella Bibbia, dove l'offerta di incenso è un sacrificio di soave fragranza, il cui buon odore giunge fino alle narici di Dio (Genesi 8, 21). Ma che fine ha fatto Clizia? Apollo da quel momento non volle più sentir parlare di lei (per la serie: se uno non ti vuole, non è che si innamora di te se fai fuori quella che ama) e per la disperazione la ninfa sedette a terra immobile; non mangiava, non beveva, fissava unicamente il carro dell’amato mentre percorreva la volta celeste. Per nove giorni – racconta Ovidio nelle sue “Metamorfosi” – si nutrì solo di lacrime e rugiada, fino a quando si accorse che le sue membra restavano ‘attaccate’ alla terra, il colore del suo corpo si convertì in quello dell’erba esangue e il suo volto divenne un fiore: «così ella, pur trattenuta dalle radici, segue, ruotando, il movimento del suo Sole e, benché mutata, serba l’amore che aveva per lui». Così Clizia si ‘nutrirà’ eternamente del sole, suo amato, e così nacque il girasole o, più probabilmente, l’eliotropio, che nel linguaggio dei fiori indica “amore adorante” ma proprio per questo anche “infelice”.
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