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Sogno o son desto? Da Artemidoro a Freud

Realizzazione allucinatoria del desiderio, semplice immagine o premonizione? Cos’è e cos’era il sogno

Sogno o sono desto? Da Artemidoro a Freud

Due giorni fa ricorreva il 160° anniversario della nascita di Sigmund Freud, autore – come tutti sappiamo – dell’“Interpretazione dei sogni” (1899). Ebbene, quante volte, dopo aver fatto un sogno, ci svegliamo con una sensazione strana? Ci chiediamo banalmente cosa volesse dire o perché abbiamo sognato di una particolare persona e situazione. Altre volte, invece, non ricordiamo bene il sogno, ricevendone solo una serie confusa di immagini, che attribuiamo alla vita quotidiana, alla stanchezza, ad una paura o ad un desiderio… o c’è dell’altro? A Freud si attribuisce il merito di aver introdotto nella moderna scienza psicanalitica l’importanza del sogno quale “realizzazione allucinatoria del desiderio” e dunque utile strumento per studiare le pulsioni e l’inconscio dell’individuo. Tuttavia, molto ma molto prima di Freud, i popoli antichi si erano imbattuti nel problema di come interpretare i sogni. Se è vero che le prime civiltà attribuiscono al sogno (se decodificato nel modo giusto) una funzione profetica, magari proveniente da una qualche divinità che ci vuole mettere in guardia (si pensi all’episodio di Giuseppe nella Bibbia – Genesi 37-50 – che interpreta il sogno del Faraone guadagnandosi la sua stima) o una funzione di comunicazione con il regno dei morti (come nell’antico Egitto), tuttavia a disquisire maggiormente su cosa fossero i sogni e su come interpretarli furono i Greci. A tal proposito, circa duemila anni prima di Freud (ci troviamo nel II sec.) Artemidoro di Daldi scriveva un’opera intitolata proprio “Onirocritica”, cioè “Sull’interpretazione dei sogni”, suddivisa in 5 libri, in cui nei primi quattro traccia un catalogo delle cose che appaiono in sogno, mentre il quinto si presenta come una raccolta di sogni interpretati. A dir il vero Artemidoro distingueva due tipologie di sogno: il primo, detto ὄνειρος (oneiros) era il sogno vero e proprio che, secondo il nostro autore, aveva un valore premonitore; il secondo invece è detto ἐνύπνιον (enypnion), che esprimeva semplicemente per immagini quello che era un desiderio del momento (latente o meno); per cui compito dell’uomo era stare attento a non confondere queste ‘visioni’ o ‘immagini’ con il sogno vero che, invece, aveva capacità di indicarci il futuro. A ben guardare, come osserva Zuleika Fusco*, quello che per Artemidoro era l’enypnion corrisponde alle moderne immagini ipnagogiche: «Si tratta di immagini intuibili e concrete che si producono durante il sonno incipiente, quando i pensieri astratti della mente vengono subito sostituiti da rappresentazioni […] Queste immagini ipniche potrebbero anche essere avvicinate a quei sogni che Freud indica come infantili: in essi si ha appunto l’immediata e semplice realizzazione allucinatoria di quanto è oggetto di un interesse e di un desiderio attuale. Essi sarebbero tipici dell’infanzia perché in tale età non agiscono ancora, o agiscono meno, le forze repressive (la rimozione) che negli adulti costringono il desiderio del sogno a mascherarsi». Non è un caso che anche Artemidoro attribuisca questi sogni a persone ‘semplici’ o ‘infantili’. Secondo Artemidoro, inoltre, la parola oneiros (= sogno) sarebbe derivata da τό ὅν (“ciò che è”, “il vero”) + εἴρειν (“dire”), ossia “ciò che dice il vero”; è proprio così? A ben guardare, in parte sì. Il sogno dice il ‘vero’ anche per Freud, solo che, mentre per Artemidoro è un vero oggettivo, riferibile a qualcosa che sta per accadere, per Freud è soggettivo, riferito all’inconscio dell’individuo, che attraverso il sogno rivela di sé verità latenti. Diversa, invece, e forse più ‘razionale’ la tesi di Aristotele (IV sec. a.C.) che nel suo “De somno et vigilia” spiegava che «l'immagine che ci appare prodotta durante il sonno appartiene alla facoltà sensitiva […] Non solo mentre stiamo svegli ci sono in noi movimenti prodotti dalle sensazioni, vengano esse dal di fuori e dal di dentro del nostro corpo, ma anche quando si produce quello stato che si chiama sonno, anzi allora appaiono di più». Orbene, in virtù di ciò il sogno non farebbe altro che trattenere ed elaborare gli stimoli sensitivi che ci colpiscono durante il giorno. E voi, a cosa attribuite la facoltà di sognare?

*Interpretazioni del sogno. Miti, divinazione psicologia dalle civiltà tradizionali a oggi, Roma 2004, p. 34.

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Alba Subrizio

Alba Subrizio
«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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