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“Conosci te stesso!” il monito più importante che ci hanno lasciato i Greci

Inciso sul santuario di Apollo, è stato alla base di tutte le teorie filosofiche e psicanalitiche successive

“Conosci te stesso!” il monito più importante che ci hanno lasciato i Greci

Santuario di Delfi

Senza la consapevolezza di sé, l’uomo non approda da nessuna parte, costretto in una continua tensione verso il mondo esterno che non può mai davvero appagarlo; spiegava difatti il filosofo Socrate (V sec. a.C.) che, se l’uomo non sa chi è, non può sapere neanche cosa vuole e cosa è meglio per lui, poiché per scoprire l’essenza della vita è necessario dapprima guardarsi dentro

Come faccio a capire gli altri? Come faccio a far funzionare la mia vita? Tante domande a cui gli antichi Greci, primi fra tutti i popoli del Mediterraneo, avevano dato una solo risposta: γνῶθι σαυτόν (gnōthi sautón), ossia “conosci te stesso”; tale frase – giusto per non dimenticarla – era stata incisa non si sa quanti secoli fa nel luogo più importante al mondo (all’epoca), ovvero il santuario di Apollo a Delfi, sede del famosissimo oracolo del dio. Talmente grande era l’importanza di Delfi, situata nel cuore della Grecia continentale, che era anche nota nel mondo antico come omphalόs (ossia “ombelico del mondo”) perché si riteneva si trovasse esattamente al centro del mondo allora conosciuto. Come accennato poc’anzi, qui la sacerdotessa del dio, detta Pizia, veniva consultata dai fedeli e, dopo essere entrata in una sorta di trance, vaticinava il responso di Apollo per qualunque domanda venisse posta. È vero che spesse volte il vaticinio era piuttosto ambiguo, il che richiedeva la necessità di essere ‘interpretato’ correttamente. Inutile dire che a Delfi transitavano persone provenienti da tutti i paesi del Mediterraneo: un vero e proprio santuario internazionale! Ecco perché proprio qui i Greci avevano affisso il monito che più di tutti poteva ‘illuminare’ l’uomo. Secondo gli antichi commentatori la frase era stata pronunciata dall’oracolo del dio in risposta a Chilone e doveva essere quindi un monito per l’uomo; ovvero un invito a ‘conoscere’, nel senso di ‘fare ammenda’ della propria condizione umana senza presumere di essere di più. Così Platone, nell’opera intitolata “Protagora”, spiega l’origine del detto: «Tra gli antichi vi furono Talete di Mileto, Pittaco di Mitilene, Biante di Priene, il nostro Solone, Cleobulo di Lindo, Misone di Chene e il settimo tra costoro si annoverava Chilone di Sparta: tutti quanti furono ammiratori, appassionati amanti e discepoli dell’educazione spirituale spartana. E che la loro sapienza fosse di tale natura lo si può capire considerando quelle sentenze concise e memorabili, che furono pronunciate da ciascuno, e che, radunatisi insieme, essi offrirono come primizie di sapienza ad Apollo, nel tempio di Delfi, facendo scolpire quelle sentenze che tutti celebrano: “Conosci te stesso” e “Nulla di troppo” (μηδὲν ἄγαν)». Tuttavia, secondo altri, il ‘messaggio’ inciso a Delfi è alla base di tutte le teorie filosofiche e psicologiche legate alla ricerca dell’io, alla conoscenza di sé, in quanto propedeutica alla Conoscenza della realtà che ci circonda. Senza la consapevolezza di sé, l’uomo non approda da nessuna parte, costretto in una continua tensione verso il mondo esterno che non può mai davvero appagarlo; spiegava difatti il filosofo Socrate (V sec. a.C.) che, se l’uomo non sa chi è, non può sapere neanche cosa vuole e cosa è meglio per lui, poiché per scoprire l’essenza della vita è necessario dapprima guardarsi dentro. E se lo diceva Socrate direi che possiamo crederci. Appurato ciò non è detto, del resto, che conoscere se stessi sia facile, anzi, come sosteneva il patriarca di Costantinopoli Fozio (IX sec.), è la cosa più difficile di tutte.

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Alba Subrizio

Alba Subrizio
«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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