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Delo, l’isola dove nessuno nasce e nessuno muore

Qui nacque Apollo il dio del sole, qui si trovava la palma più alta del mondo, qui gli Ateniesi imposero il divieto di partorire o seppellire i defunti. Oggi per l'isola, completamente disabitata, sembra che il tempo si sia fermato...

Delo, l’isola dove nessuno nasce e nessuno muore

Una leggenda narra che  Latona fece sì che da galleggiante divenisse stabile e salda nel mare, ma, data la sacralità del luogo, alle altre donne era proibito partorire qui, così come i defunti non potevano contaminare con la morte il suolo sacro, per cui venivano trasportati nelle isole vicine

Tutti, anche se non proprio esperti di mitologia classica, conoscono o hanno sentito almeno una volta nominare il Apollo, dio del sole, della poesia e figlio del grande Zeus. Ma, oltre che di Zeus, di chi era figlio Apollo? Pochi sanno che i gemelli Apollo e Artemide (identificata, in antitesi al fratello, con la luna) erano figli della dea Latona; una divinità meno nota, proveniente dall’oriente. Si narra che tra i suoi tanti amori furtivi il padre degli dèi amò perdutamente Latona, la quale rimase incinta del dio, ma quando la legittima e gelosissima consorte Era venne a scoprire l’adulterio, non solo perseguitò la puerpera ma impedì a tutte le città di Grecia di accoglierla per partorire. Tuttavia un’isola - un’isola particolare perché era galleggiante e avvolta da nebbie, tanto da risultare invisibile ad occhi umani e divini – offrì riparo e asilo alla dea errante; si tratta di Ortigia che da quel giorno prese il nome di Delo (dal verbo greco deloo = “mostrare”) perché quando nacque Apollo si dice che l’isola immediatamente fu ‘visibile’ in tutto il cosmo, tanto era abbagliante la luce del dio. È proprio di questa bellissima e sconosciuta isola che oggi voglio parlare. Situata nel mar Egeo, Delo fa parte dell’arcipelago della Cicladi ed è nota per una particolarità: l’essere pressoché disabitata. Una leggenda narra, infatti, che per ringraziare l’isola per la sua accoglienza Latona fece sì che da galleggiante divenisse stabile e salda nel mare, ma, data la sacralità del luogo, alle altre donne era proibito partorire qui, così come i defunti non potevano contaminare con la morte il suolo sacro, per cui venivano trasportati nelle isole vicine. La prima volta che, tuttavia, Delo viene citata nella letteratura non è per menzionare la nascita dei fratelli divini ma perché si parla di una particolare palma. Ci troviamo ai vv. 160-169 del VI libro dell’Odissea, quand’ecco che la stupenda Nausicaa appare in tutta la sua bellezza al naufrago Ulisse; il poeta a questo punto si serve di una similitudine spiegando come la figlia di Alcinoo in mezzo alle sue ancelle svettava come la famosa “palma di Delo”, paragonando l’altezza e la snellezza della fanciulla ad una nota palma (forse la più alta conosciuta al tempo) che si trovava presso il santuario di Delo. Il nome di questa città è, inoltre, noto alla storia perché in quest’isola era depositato il tesoro della lega delio-attica. Fu proprio durante la trentennale guerra del Peloponneso (Sparta vs Atene) che gli Ateniesi decisero di ‘applicare’ l’antica leggenda e ‘purificare’ Delo, per cui nel 425 a.C. aprirono le tombe e trasportarono i resti nella vicina Renea, decisero poi che nessuno sarebbe più potuto nascere o morire nell'isola sacra, per cui le donne partorienti e gli ammalati gravi avrebbero dovuto trasferirsi. Nel 422 a.C. gli Ateniesi portarono a termine la ‘purificazione’, esiliando tutta la popolazione locale. Oggi quello che era uno dei santuari più importanti dell’antichità (secondo solo a Delfi) è un enorme sito archeologico a cielo aperto, disabito, dove si respira ancora la sacralità degli antichi templi…

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Alba Subrizio

Alba Subrizio
«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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