AntichiRitorni
21.08.2016 - 02:06
G. Reni, Atalanta e Ippomane
Siamo quasi ai titoli di coda dei giochi olimpici e l’Italia sta facendo una dignitosa figura con la sua buona dose di medaglie. Mentre faccio zapping tra i vari canali che trasmettono i giochi, penso a quante siano le discipline olimpiche attuali (al punto che alcune gare mi sembrano identiche ad altre), quando invece inizialmente, nell’Ellade antica, si era partiti con il cosiddetto ‘pentathlon’: corsa, salto, lancio del disco, lancio del giavellotto e lotta. Tanto erano importanti le Olimpiadi nell’antica Grecia che il tempo stesso era scandito in base alla loro successione, ovvero gli anni si contavano a partire dalla prima olimpiade, con un intervallo di quattro anni tra un’olimpiade e l’altra; durante i giochi olimpici inoltre qualsiasi guerra veniva sospesa tanto era la loro importanza. Questa domenica voglio parlarvi della corsa, una disciplina in cui – spostandosi nel campo del mito – la più brava era una donna: il suo nome era Atalanta. Quella di Atalanta è la solita vecchia storia che ha accompagnato molte eroine del passato: “suo padre voleva un maschietto e invece…”, motivo per cui il re dell’Arcadia decise di abbandonare la bambina ancora in fasce. Tuttavia, una volta cresciuta, Atalanta – forse per uno scherzo del destino – manifestò di possedere capacità simili, se non addirittura superiori, a quelle di un uomo in molti campi, primo fra tutti quello della caccia; da abile cacciatrice qual era riuscì nell’impresa di ferire per prima il feroce cinghiale calidonio, notizia che si divulgò in tutta la Grecia, così che il padre decise di riconoscerla. A questo punto il re impose ad Atalanta di prendere marito, ma lei – sia perché seguace di Artemide/Diana sia perché un oracolo le aveva predetto che avrebbe perso le sue abilità una volta sposata – mise in atto uno stratagemma: avrebbe sposato solo colui che l’avesse battuta nella corsa, disciplina in cui la fanciulla eccelleva; chi non ci fosse riuscito, avrebbe pagato con la vita l’averla sfidata. Vincere o morire, dunque… Capite bene che dopo un po’ i pretendenti cominciarono a scarseggiare, tuttavia Melanione (o Ippomane), innamoratissimo di lei, chiese aiuto alla dea dell’amore Afrodite (e chi se no?), che gli affidò tre mele d’oro del Giardino delle Esperidi da lasciar scivolare durante la corsa. Orbene, dato che è vero che Atalanta aveva tutte le virtù di uomo ma nell’animo era ‘donna’, ogni volta che vedeva un pomo, attratta, si fermava a raccoglierlo, perdendo così terreno e decretando, infine, la vittoria di Melanione. Così i due convolarono a nozze ma per i greci, e per i latini poi (tanto che del mito ci parla il nostro Ovidio nelle “Metamorfosi”), Atalanta rimase sempre simbolo della corsa per eccellenza. A domenica prossima, con un altro sport e un altro mito.
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