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La paralisi del sonno, questa in origine la natura dell’incubo

L’etimologia del termine latino non corrisponde, come ora, ad un qualunque brutto sogno, bensì ad un particolare status riconducibile alla paralisi ipnagogica. La leggenda dello Scazzamurill? Si trova già nel ‘Satyricon’ di Petronio

La paralisi del sonno, questa in origine la natura dell’incubo

Nella lingua greca esisteva un termine particolare per indicare questo tipo di incubo che differiva dagli altri, ossia “pnigalìon” (l’incubo ‘soffocatore’). Anche Sant’Agostino (IV sec.) fa riferimento a questi demoni che turbavano il sonno

Mi è capitato di recente di avere un incubo. Ero nel mio letto, nella mia stanza al buio, e sentivo ‘qualcosa’ su di me, ‘qualcosa’ o ‘qualcuno’ che mi opprimeva, ma non potevo chiedere aiuto, la mia lingua era come paralizzata e non potevo emettere alcun suono, allo stesso modo il resto del mio corpo: bloccato, immobile; la sudorazione aumenta e dopo un po’… mi sveglio, fortunatamente! Non so a quanti di voi è capitato ma quello descritto è un disturbo abbastanza noto come “paralisi del sonno”. Eh già, ho fatto una semplice ricerca e ho scoperto che è affetto da paralisi ipnagogica circa il 30% della popolazione. Si tratta di una sorta di ‘sfasamento’ tra quella che è la fase REM e il momento in cui dovremmo svegliarci, per cui la mente è sveglia ma il corpo ancora addormentato; è risaputo infatti che durante la fase di sonno profondo (REM) il corpo non può muoversi: questo è un meccanismo di difesa fisiologico, messo in atto per impedirci di compiere tutti i gesti che facciamo in sogno, ma ecco che in alcune particolari condizioni (stress, stanchezza, carenza di sonno) può avvenire che la fase REM si estenda un po’ oltre i suoi normali confini, impedendoci non solo di muoverci ma causando delle vere e proprie allucinazioni (tipo avvertire  ‘presenze’) addirittura molto più vivide e realistiche di un normale sogno. Sebbene la scienza moderna abbia fatto luce su questo particolare disturbo del sonno che può essere occasionale o cronico, la paralisi ipnagogica esisteva già nel mondo antico e forse è proprio a questa particolare ‘situazione’ che si deve il termine ‘incubo’. Difatti la parola “incubus” in latino deriva da “incubare” che significava “giacere sopra, essere appoggiato sopra, incombere”, riferito a demoni che opprimevano, ovvero ‘schiacciavano’, il dormiente di turno; come spiegava il grammatico Servio, infatti, «incubare vuol dire trattenere con la forza». Nella lingua greca esisteva un termine particolare per indicare questo tipo di incubo che differiva dagli altri, ossia “pnigalìon” (l’incubo ‘soffocatore’). Anche Sant’Agostino (IV sec.) fa riferimento a questi demoni che turbavano il sonno: «Ed è notizia assai diffusa e molti confermano di averlo sperimentato o di avere udito chi l'aveva sperimentato che i silvani e i fauni, i quali comunemente sono denominati “incubi”, spesso sono stati improbi con le donne e hanno bramato e compiuto l'accoppiamento con loro», dando adito alla leggenda medievale per cui gli Incubi erano demoni che cercavano di possedere donne, mentre le Succubi erano streghe che cercavano di possedere nel sonno gli uomini (soprattutto monaci per indurli in tentazione). Prima ancora, nel I sec., Plinio il Vecchio scriveva: «coloro che sono tormentati da apparizioni notturne possono essere liberati con massaggi mattutini e serali fatti con un decotto di lingua, occhi, fiele e interiora di serpente, lasciato a raffreddare in vino e olio per un giorno e una notte». C’è di più, secondo una testimonianza contenuta nel “Satyricon” di Petronio (I sec.), questi ‘spiriti’ avevano in testa un berretto, se si riusciva ad afferrarlo era possibile farsi dire dove erano nascosti grandi tesori. A cosa vi fa pensare? Se state per rispondere Scazzamurill o Munaciello, dite bene. Incredibile come questa leggenda dall’antica Roma sia arrivata fino a noi, divenendo parte del folklore dell’Italia meridionale. Orbene, per i nostri antenati latini la paralisi del sonno già esisteva, sebbene fosse attribuita alla presenza di demoni, ma è interessante che fosse già percepita come qualcosa di diverso da un qualunque brutto sogno, tanto da coniare dei termini a parte, come per l’appunto “incubus” che indica questo particolare status.

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Alba Subrizio

Alba Subrizio
«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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