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Le ‘lupe' romane, dalla prostituzione sacra ai lupanari

Che la prostituzione sia sempre esistita in qualunque civiltà del mondo antico non è di certo un mistero, ma ciò che non tutti sanno è che anticamente esisteva anche una forma di prostituzione ‘sacra’, intesa come una vera e propria istituzione sacerdotale.

Le ‘lupe' romane, dalla prostituzione sacra ai lupanari

Affresco da una 'casa di piacere', Pompei

Protagoniste erano spesso fanciulle vergini di buona famiglia, schiave o sacerdotesse del tempio, che si univano ai visitatori/pellegrini. Con il decadere di questi antichi culti, praticati in tutto il bacino del Mediterraneo, il nome di “lupe” venne trasferito dalla sacerdotesse della dea Lupa alle comuni prostitute; di qui il nome di “lupanare” riferito ai luoghi di piacere

Da dove hanno origine sostantivi come “lupanare” (ovvero postribolo) o aggettivi come “triviale” (ossia di volgarità sguaiata)? Che la prostituzione sia sempre esistita in qualunque civiltà del mondo antico non è di certo un mistero, ma ciò che non tutti sanno è che anticamente esisteva anche una forma di prostituzione ‘sacra’, intesa come una vera e propria istituzione sacerdotale. Prima che Roma fosse fondata, presso i popoli italici era venerata la dea Lupa, una sorta di divinità primigenia associata alla Grande Madre, le cui sacerdotesse erano dette lupe. Pare che presso i templi della dea, non a caso collocati spesso nei “trivii” (cioè gli incroci), fosse praticata la ‘ierodulia’ (da hieròn = tempio e doulìa = servitù), intesa come prostituzione sacra, se attuata all’interno di templi dedicati a dee associate alla sfera amorosa o alla fertilità, come Afrodite, Astarte, etc., con la funzione di rievocare una sorta di ‘ierogamia’ (da hieròs = sacro e gamos = matrimonio), ovvero un rito di fertilità che doveva simboleggiare l'unione dell'umanità con la divinità; protagoniste erano spesso fanciulle vergini di buona famiglia, oppure schiave, o sacerdotesse del tempio, che si univano ai visitatori/pellegrini. Con il decadere di questi antichi culti, praticati in tutto il bacino del Mediterraneo, il nome di “lupe” venne trasferito dalla sacerdotesse della dea Lupa alle comuni prostitute; di qui il nome di “lupanare” riferito ai luoghi di piacere. I Romani, inoltre - racconta il poeta latino Ovidio nei “Fasti” -, soppiantarono l’antico culto di Lupa con il dio Luperco, in onore del quale si tenevano delle feste dette Lupercalia, durante le quali uomini con pelli di capra indosso rincorrevano, sferzandole, le donne, per favorirne la fecondità. Il rito doveva ‘riprodurre’ quanto verificatosi ai tempi di Romolo; si narra, infatti, che tutte le donne romane furono colpite da un lungo periodo di sterilità per cui il re e il popolo chiesero un responso alla dea Giunone, il cui oracolo rispose che le donne dovevano essere penetrate da un sacro caprone, tuttavia un augure etrusco spiegò che l’oracolo intendeva che bisognava sacrificare un capro e tagliare dalla sua pelle delle strisce con cui colpire la schiena delle donne; così esse partorirono. Cosa ne pensate? Sarà forse un caso che Romolo fu allattato proprio da una lupa e che i due miti siano connessi?

NB. Questo rito, come racconta Plutarco, si svolgeva regolarmente a Roma ogni anno, intorno alla metà di febbraio proprio per favorire la fecondità delle donne ed essere di buon auspicio a future nozze (se non erano ancora maritate); per cui ci si recava nella grotta del Lupercale (così chiamata perché la leggenda voleva che qui fossero stati allattati dalla lupa Romolo e Remo, e qui risiedeva il dio Luperco/Fauno), collocata ai piedi del Palatino, dove i sacerdoti del dio, i Luperci, sacrificavano alcune capre e un cane, in più consacravano ogni anno due nuovi sacerdoti tra i patrizi. Poi si compiva il rito delle frustate, che culminava in feste e banchetti. Ancora una volta il cristianesimo non riuscendo a debellare questi antichi culti, cercò di ‘sostituirli’ con qualcos’altro: non è un caso che nel V secolo papa Gelasio I decise di proibire le feste per la fertilità ma propose di dedicare la festa del 14 febbraio a San Valentino martire, vescovo di Terni, divenuto solo nei secoli successivi patrono degli innamorati, ma con l’amore non aveva molto a che fare, se non per il periodo dell’anno in cui cadeva la ricorrenza. Inoltre, non è sempre un caso che queste feste dedicate originariamente a Giunone Purificatrice (poiché il mese di februarius = februare = purificare, era dedicato alla purificazione che precedeva la rinascita del ciclo della natura), si collochino nel mese in cui la Chiesa celebra anche la Purificazione di Maria Vergine.

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Alba Subrizio

Alba Subrizio
«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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