AntichiRitorni
13.11.2016 - 00:41
Anthony Hopkins in Titus Andronicus (1999)
Questa vendetta è stata da sempre ritenuta la più crudele nell’immaginario greco-romano, tanto che la stirpe di Atreo fu ritenuta maledetta dagli dèi
C’è una tragedia di Shakespeare forse poco nota alle masse, vuoi perché appartiene al periodo giovanile del drammaturgo vuoi perché forse eccessivamente cruenta: si tratta del “Titus Andronicus”. Ambientata nella Roma antica, la tragedia narra la storia del generale Tito Andronico (in realtà mai esistito). Ciò che ci interessa evidenziare è come il drammaturgo inglese si appropri dei meccanismi di vendetta tipici delle tragedie greco-romane, di cui era certamente fervente e attento lettore. A dimostrarlo è la scelta della ‘punizione’ che Tito riserva alla regina dei Goti Tamora e ai suoi figli, rei di aver stuprato la figlia di Tito, Lavinia, e di averle amputato le mani e mutilato la lingua; tale punizione consisterà nell’uccidere i due ragazzi, farli a pezzi, per poi imbandirne le carni alla stessa madre durante un banchetto. Tito così ottiene la doppia vendetta di aver ucciso i carnefici della figlia e di aver inferto alla loro madre lo stesso dolore che lui, genitore, ha provato dinanzi allo scempio della propria figlia. Tale castigo non viene partorito sic et simpliciter dalla mente shakespeariana, ma si rifà ad un mito antico, che narra le vicende di una della ‘famiglie’ più note del mondo greco: quella dei discendenti di Pelope. Di lui abbiamo già parlato in un altro articolo (http://www.ilmattinodifoggia.it/blog/alba-subrizio/27632/pelope-e-il-peloponneso-ecco-come-nacquero-i-giochi-olimpici.html), i suoi figli erano Atreo e Tieste, i cui nomi sono tristemente noti per essere legati a indicibili efferatezze. Si narra infatti che i due fratelli fossero in combutta per il trono di Micene, che spettò ad Atreo, perché possessore del vello d’oro di un ariete sacrificato in onore di Artemide; per ottenere il regno Tieste sedusse la moglie di Atreo e convinse la donna a sottrarre il vello d’oro al marito per consegnarlo a lui. Così dinanzi al popolo esibì il trofeo e divenne re con l’inganno; tuttavia gli dèi preferivano Atreo e fu così che uno stratagemma quest’ultimo poté riottenere Micene, bandendo il fratello dal regno. Ciò nondimeno, Atreo venne a sapere dell’adulterio commesso da Tieste, così decise di mandarlo a chiamare, fingendo una riconciliazione, e lo invitò ad un banchetto in suo onore, dove gli imbandì le carni dei propri figli. Atreo ritiene che la sua stirpe sia stata contaminata: nel momento in cui Tieste ha giaciuto con sua moglie, ha ‘turbato’ (stando alla concezione greco-romana) la discendenza del fratello; come scrive Maurizio Bettini «Adesso, perché l'equilibrio sia ristabilito, occorre che Tieste riprenda dentro di sé la sua discendenza, compensando, con una mostruosa riassimilazione della propria sostanza vitale, l'eccesso che di questa medesima sostanza egli ha immesso nell'organismo della parentela […] il "sangue" della consanguineità familiare si trasforma in sangue versato e bevuto»*. Questa vendetta è stata da sempre ritenuta la più crudele nell’immaginario greco-romano, tanto che la stirpe di Atreo fu ritenuta maledetta dagli dèi: si pensi ai suoi figli, Agamennone e Menelao, il primo tradito e ucciso dalla moglie Clitennestra in combutta proprio con il figlio di Tieste, ossia Egisto (avuto successivamente); il secondo tradito e umiliato dalla moglie Elena (più nota come Elena di Troia). A differenza del mito antico - che spinge lo spettatore a riflettere sul fatto che vendetta chiama vendetta e che i castighi spettano solo agli dèi, pena la maledizione della propria stirpe -, la tragedia di Shakespeare, invece, non vuole indurre nessun insegnamento morale; difatti il dramma finisce con la morte di tutti i personaggi (compresi Tamora e lo stesso Tito), lasciando lo spettatore attonito dinanzi al bagno di sangue perpetrato, privo di ogni certezza, in uno scenario vuoto dove solo l’orrore domina la scena.
**http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/09/04/ecco-mangia-tuoi-figli.html
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