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La neve e il gelato, dal thermopolium al bar

Ghiaccio, miele e succo di frutta è la ricetta di Plinio il Vecchio. La ‘specialità’ era talmente richiesta che si diede vita ad un vero e proprio commercio di neve e ghiaccio dal Terminillo, dal Vesuvio e dall’Etna per poterla realizzare

La neve e il gelato, dal thermopolium al bar

Via dell'Abbondanza, Pompei

Ma il ‘sorbetto’ non nasce nella Roma antica, esisteva già da molto tempio, anzi già negli scavi di Troia sono state trovate fosse che vengono considerate contenitori per il ghiaccio o la neve

“Il carretto passava e quell’uomo gridava ‘gelati’…” così una canzone del grande Lucio Battisti. Dopo l’abbondante nevicata di questi giorni mi è venuto in mente che i primi a diffondere il gelato su larga scala furono i nostri antenati Romani, sfruttando piccoli pozzi per il ghiaccio e neve che veniva prelevata nelle località montane in alta quota e portata giù; ad esempio tra gli scavi di Pompei è possibile notare negozi con delle cisterne sul bancone in cui si vendeva ghiaccio (per lo più proveniente dal Vesuvio). Si tratta dei famosi “thermopolia”: un thermopolium era un negozio che vendeva bevande calde (da thermòs = caldo +  polein = vendere), ma all’occorrenza anche fredde, conservandole in 'serbatoi' di terracotta (in cui, come Seneca narra, la neve era coperta da fieno) che – come si vede nella foto – erano inseriti in un ‘bancone’ angolare; insomma il termopolio era un antenato del nostro bar, dove i cittadini romani si recavano per trovare ristoro. Ma come si otteneva il gelato? Stando alla testimonianza di Plinio il Vecchio, noto scrittore e scienziato romano (che ricorderete per essere morto proprio durante l’eruzione del Vesuvio, mentre ne voleva studiare il fenomeno), si amalgamavano ghiaccio tritato, miele e frutta spremuta, così da ottenete una crema simile al nostro gelato o sorbetto. La ‘specialità’ era talmente richiesta che si diede vita ad un vero e proprio commercio di neve e ghiaccio dal Terminillo, dal Vesuvio e dall’Etna per poterla realizzare (specie nei mesi più caldi). Ma il ‘sorbetto’ non nasce nella Roma antica, esisteva già da molto tempio, anzi già negli scavi di Troia sono state trovate fosse che vengono considerate contenitori per il ghiaccio o la neve, ma certamente è interessante la testimonianza di Ateneo di Naucrati (II sec.) che cita il biografo di Alessandro Magno, Carete di Mitilene, secondo il quale il giovane condottiero avrebbe fatto costruire, durante la sua lunga campagna in India, buche  riempite di neve e poi coperte con rami di quercia per conservarla. Il poeta latino Marziale, invece, si lamentava del fatto che il costo di acqua e neve fosse addirittura superiore a quello del vino. Sebbene siamo sicuri che un sorbetto di neve debba essere molto buono, sconsigliamo vivamente di usare quella che è caduta in questi giorni, non foss’altro che a causa dell’inquinamento atmosferico sarebbe un tantino tossica.

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Alba Subrizio

Alba Subrizio
«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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