AntichiRitorni
09.04.2017 - 10:03
Ad una donna vanagloriosa che ostentava la sua ricchezza Cornelia, mostrando i figli, disse: “Questi sono i miei gioielli!”
Intensamente, soprattutto in questi giorni, si sente parlare di uomini e donne che ostentano il loro potere in una sorta di gara di forza, di egemonia. Ma ci ricordano gli antichi Romani che la virtus (virtù) e il decus (l’onore) risiedono nella dignità, nella morigeratezza e nella ‘grandezza’ delle proprie azioni, non nella capacità di sopraffazione né tanto meno nella vacua ostentazione di ricchezza a cui sempre più siamo soliti assistere nell’“era dell’immagine”. Ecco perché oggi voglio parlarvi di una donna, una Domina con la D maiuscola, una matrona romana vecchio stampo, il suo nome era Cornelia. Cornelia non era una donna qualunque, portava su di sé il ‘carico’ di una stirpe illustre; essendo figlia di niente poco di meno che Scipione l’Africano (il vincitore di Annibale), la fama della sua famiglia a Roma non aveva precedenti. Giovanissima (stando a Plutarco, poco più che 14enne), andò in sposa a Tiberio Sempronio Gracco, illustre cittadino romano, dal quale si racconta ebbe ben 12 figli, di cui però solo tre giunsero alla maggiore età; i loro nomi non vi stupiranno, essendo i famosi Tiberio e Caio Gracco (noti a chi si intende di storia romana per la Legge Agraria e assassinati per la loro voglia di riforme); l’altra figlia era Sempronia (madre in futuro di Scipione Emiliano: il distruttore di Cartagine). Torniamo alla nostra Cornelia. Rimasta vedova a soli 35 anni, non volle risposarsi decidendo di restare “univira” e di dedicarsi esclusivamente ai suoi figli. Possiamo affermare che se i Gracchi passarono alla storia è anche grazie alla solida educazione della madre, che secondo gli storici era solita ripetere ai figli: «Fino a quando mi indicheranno come la figlia di Scipione? Quando potrò essere indicata come la madre dei Gracchi?». L’aneddoto più noto, tuttavia, è quello riportato dallo scrittore latino Valerio Massimo (autore di “Fatti e detti memorabili”), che narra come in presenza di una donna superba e vanagloriosa che ostentava ed esaltava i propri gioielli, Cornelia, in maniera pacata e senza scomporsi, mostrando i suoi figli disse: «Haec ornamenta mea» (“questi sono i miei gioielli”), lasciando l’altra senza parole. Quale maggiore orgoglio per una madre? Un orgoglio di figli che andò anche oltre i confini della morte; eh già, perché dopo l’assassinio di Tiberio e Caio - dopo che le fu persino proibito di portare il lutto per piangere i suoi figli -, il poeta Seneca racconta che Cornelia disse «Mai dirò che non è stata fortunata la madre dei Gracchi!».
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