AntichiRitorni
23.07.2017 - 01:49
Cesare appare a Bruto
Ma perché proprio Filippi? Ebbene è in questa cittadina della Macedonia che nel 42 a.C. (due anni dopo la morte di Giulio Cesare alle Idi di marzo del 44) gli eserciti di Ottaviano Augusto e Marco Antonio affrontarono e annientarono i ‘cesaricidi’ Bruto e Cassio che, dopo il delitto, erano fuggiti da Roma con i loro proseliti.
“Ci rivedremo a Filippi” quante volte abbiamo sentito questa espressione? Per chi è avvezzo agli studi classici certamente suona più che familiare, ma per chi non lo sapesse oggi ne ricostruiamo velocemente la storia. L’espressione attualmente è usata per indicare che prima o poi si arriverà ad una resa dei conti, magari con un avversario, un nemico o col destino stesso; è una specie di monito o minaccia velata che dir si voglia. Ma perché proprio Filippi? Ebbene è in questa cittadina della Macedonia che nel 42 a.C. (due anni dopo la morte di Giulio Cesare alle Idi di marzo del 44) gli eserciti di Ottaviano Augusto e Marco Antonio affrontarono e annientarono i ‘cesaricidi’ Bruto e Cassio che, dopo il delitto, erano fuggiti da Roma con i loro proseliti. La frase in realtà non ha nessuna base storica ma è entrata a far parte del nostro parlar comune grazie al successo letterario, dovuto dapprima al biografo greco Plutarco, successivamente a William Shakespeare che la fa pronunciare al fantasma di Cesare apparso a Bruto. Cosa era successo? Dopo che nel 49 a.C. Cesare oltrepassò il fiume Rubicone (da qui un’altra espressione proverbiale: “passare il Rubicone” quando si prende una decisione importante, irrevocabile, da cui non si può tornare indietro), pronunciando le famose parole “alea iacta est” (= il dado è tratto), scoppiò a Roma la guerra civile tra le fazioni di Cesare, dichiarato nemico pubblico per essere entrato nel territorio italico con l’esercito in armi, e di Pompeo, sostenuto dal Senato. Le legioni di Cesare erano più forti e in pochissimo tempo sovrastarono le forze di Pompeo che prima fuggì a Farsalo, poi in Egitto, dove fu ucciso dal re Tolomeo, alleato di Cesare insieme a sua sorella Cleopatra (inutile dirvi che il buon Giulio detronizzò Tolomeo e pose a capo dell’Egitto la bella Cleopatra che ne divenne l’amante). Con la fine di questa guerra fratricida finiva anche la Repubblica romana, dal momento che Cesare si autonominò dittatore a vita, accentrando nelle sue mani tutte le cariche. Questo clima non piacque a molti: da sempre i Romani erano un popolo avverso alla monarchia e quindi ben presto sorsero dei congiurati, tra questi lo stesso figlio adottivo di Cesare, Marco Giunio Bruto; è celebre a tal proposito la frase, sempre attribuita a Cesare dalle fonti letterarie (nella fattispecie Cassio Dione) “καὶ σύ, τέκνον;” tramandata anche nella versione latina “Quoque tu, Brute, fili mi!” (Anche tu Bruto, figlio mio!), alla quale si dice che Bruto replicò: "Sic semper tyrannis!" (Così sempre ai tiranni!). Forse la Storia andò un po’ diversamente ma le ‘grandi storie’ degli uomini che l’hanno fatta hanno fatto sì che alcuni momenti divenissero indelebili e per questo proverbiali. Da che parte state? Cesare o repubblicani?
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