AntichiRitorni
20.08.2017 - 00:24
In ogni religione che si rispetti c’è sempre colui o colei che infrange un divieto divino. Se nella Bibbia Eva e Adamo disobbediscono assaggiando il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, nella mitologia greca il ‘ribelle’ è Prometeo. Questo personaggio mi è sempre stato molto simpatico, non solo perché fu lui, su ordine di Zeus, a creare l’uomo, plasmandolo dal fango, ma anche perché, a differenza della biblica coppia che infrange il volere di Dio unicamente per sé, Prometeo era un titano (non un mortale), eppure contravviene agli ordini di Zeus esclusivamente per il bene dell’uomo (molto altruista!). Quale fu la sua memorabile impresa? C’era un tempo in cui l’uomo viveva allo stato brado, si nutriva dei prodotti della terra ma non poteva cuocere i cibi né, soprattutto, aveva di che riscaldarsi, cosa che ne comprometteva l’esistenza stessa. L’unico che poteva ‘produrre’ fuoco era Zeus, grazie al suo fulmine; il padre degli dèi, tuttavia, non voleva che l’uomo divenisse eccessivamente potente e astuto. Prometeo allora rubò il fuoco. Secondo alcune leggende ne prese una manciata dalla fucina di Efesto, secondo altre lo rubò allo stesso Zeus. Fatto sta che gli uomini beneficiarono del fuoco, fonte di vita, ma la vendetta divina fu atroce: Prometeo difatti fu incatenato ad una roccia del Caucaso, dove un’aquila gli rodeva il fegato che ogni giorno si rigenerava, rendendo la pena eterna. A ben guardare in questo mito, antichissimo, è già messa in luce la capacità rigenerativa del fegato (non è un caso infatti che sia scelto proprio tale organo). Tornando alla nostra storia, ricordiamo che il titano Prometeo era venerato in particolar modo ad Atene, dove si tenevano feste religiose in suo onore; a lui vennero anche dedicate delle tragedie, tra cui il “Prometeo incatenato” di Eschilo e un perduto “Prometeo liberato”, la cui trama doveva trattare della fase successiva del mito, ovvero di quando, durante una delle sue fatiche, l’eroe Ercole giunge nel Caucaso e uccide finalmente l’aquila che affligge il titano, liberandolo dal supplizio.
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