AntichiRitorni
10.12.2017 - 01:04
Con il nome di Saturnalia i Romani facevano riferimento a delle particolari celebrazioni, che andavano dal 17 al 23 dicembre, in cui l’ordine sociale veniva sovvertito.
È da poco trascorsa la festività cristiana dell'Immacolata concezione che ha permesso a molti (soprattutto studenti, ma non solo) di usufruire di un comodissimo 'ponte' per risposarsi dal lavoro; solo qualche ultimo sforzo ché manca poco alle ferie natalizie: il periodo più atteso dell'anno, dopo quelle estive, sia per la sospensione delle attività lavorative quotidiane, sia - soprattutto - per il clima di festa che si respira. Vi stupirà, forse, sapere che questo era il periodo dell'anno di maggiori feste, danze e banchetti anche per i nostri antenati latini. Cosa festeggiavano se l'avvento di Cristo non ancora c'era stato? Già lo scorso anno, in occasione del periodo dell'Avvento, in concomitanza con il calendario liturgico, ho parlato di Saturnalia o Saturnali, ovvero le feste romane più attese dell’anno, tanto che l’erudito del IV secolo Ambrogio Teodosio Macrobio intitolò così persino una sua opera. Con il nome di Saturnalia i Romani facevano riferimento a delle particolari celebrazioni, che andavano dal 17 al 23 dicembre, in cui l’ordine sociale veniva sovvertito. Le feste prendevano il nome dal dio Saturno, corrispondente del greco Crono e padre di Giove/Zeus, che si riteneva imperasse durante la mitica “età dell’oro”, quando sulla terra regnavano pace e abbondanza; per questo i suoi festeggiamenti, affinché fossero di buon auspicio, avvenivano durante la parte dell’anno in cui cadeva il solstizio d’inverno e in cui si attendeva – in un momento ‘buio’ come dicembre – la ‘rinascita’ della natura. Non è un caso che queste celebrazioni facevano da preludio al “dies natalis Solis Invicti” (giorno di nascita del Sole Invincibile), che cadeva il 25 dicembre, e che in epoca cristiana coincideranno con l’Avvento. Tuttavia, i Saturnalia, più che ricordare il nostro Avvento, ricordano semmai il Carnevale, per il carattere di burla e di sovversione; difatti, durante le feste si allestivano grandi banchetti, con canti, danze e finanche orge, per ricordare l’opulenza dell’età dell’oro (eh, già: l’Eden i Latini se lo immaginavano un po’ diverso dal nostro!), inoltre era concesso agli schiavi di banchettare e di poter prendere in giro i padroni (certo l’avrebbero pagata successivamente…), secondo la logica del capovolgimento sociale. Perché tutto ciò? Forse perché Tolerabile est semel anno insanire, frase attribuita a Seneca, meglio nota come Semel in anno licet insanire, ovvero “una volta all’anno è lecito essere folli”; questo per una sorta di funzione catartica attribuita alla ‘follia’, all’‘uscire fuori dagli schemi’, che favoriva una sorta di liberazione corale, che l’autorità costituita era consapevole di non poter reprimere per tutto l’anno e i Saturnali, dunque, fungevano da valvola di sfogo. Non è un caso che, anche quando la Chiesa vietò queste feste, nel corso del Medioevo ne nacquero altre simili, si pensi alla Festa dei Folli in Francia; chi di noi non ricorda la celebre scena in "Notre Dame de Paris" quando il gobbo Quasimodo viene incoronato re dei folli, proprio durante questi festeggiamenti? E non è un caso – a ribadire la discendenza dalla cultura latina – che anche durante i Saturnalia si eleggesse, spesso tra le persone appartenenti allo strato sociale più basso, un “princeps Saturnalicius” (principe dei Saturnali), cui si faceva indossare una veste rossa (colore che alludeva forse ad Ade, dio degli Inferi). Sebbene il cristianesimo abbia cercato in tutti i modi di reprimere questi antichi culti pagani, alla fine in una maniera o nell’altra questi tornavano alla luce, perché il desiderio di liberarsi dalle leggi per ritornare al caos primordiale è da sempre stato insito nell’uomo; così, benché in maniera molto più edulcorata, questa antica festa è stata spostata verso febbraio e oggi costituisce il Carnevale.
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