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Orfeo, Euridice e la sublimazione dell'assenza di un amore

Perché lui si volta? Perché la lascia andare e non la cerca più? Voi, cosa avreste fatto?

Orfeo, Euridice e la sublimazione dell'assenza di un amore

"Certi amori non finiscono..." recitava una canzone di Antonello Venditti, eppure non sempre è così; vuoi per cause esterne o accidenti di forza maggiore, vuoi per motivazioni del tutto soggettive, gli amori finiscono eccome. Eppure a volte c'è qualcosa che ci lega all'altro più nella distanza che nella vicinanza, che sublima quel sentimento più nel distacco e nell'immaginare "come sarebbe potuta essere" quella vita assieme che non se fosse esperita. Ecco perché mi piace parlarvi di una vicenda mitica a cui abbiamo dedicato un blog già qualche anno fa, ma che continua indicibilmente ad affascinarmi: Orfeo ed Euridice. Per chi non lo sapesse, Orfeo era un cantore e talmente belli erano i suoi ‘canti’ da riuscire a ‘piegare’, a ‘commuovere’ anche le belve più feroci. Sua sposa era la bella Euridice che, inseguita dall’apicultore Aristeo che voleva possederla, durante la fuga viene morsa da un serpente e morì (il mito oltre che da numerose fonti greche è narrato da Virgilio nelle “Georgiche”). A questo punto, Orfeo si recherà nell’Ade, dove, grazie alla sua poesia, riuscirà a persuadere gli dèi inferi a restituirgli la moglie; tuttavia, Ade e Persefone impongono un divieto: Euridice seguirà Orfeo a distanza e lui non dovrà girarsi a guardarla finché non saranno usciti dal Regno dei morti. La storia è nota a tutti: Orfeo non resisterà e poco prima di uscire dall’oltretomba si volterà, in quel momento Euridice svanisce, risucchiata via per sempre. La domanda che ha ‘tormentato’, e al contempo affascinato, gli studiosi, nonché tutti noi, da sempre è: perché Orfeo si volta? La risposta più semplicistica sarebbe perché è spinto da ‘curiositas’ ma è anche quella più banale. Orfeo aveva stretto un patto con Ade, se pensava che il dio fosse un ingannatore non si sarebbe proprio recato nell’oltretomba. Un’altra ipotesi è che Orfeo agisca d’istinto: ad un certo punto non sente più i passi di Euridice e si volta, agendo prima ancora di pensare. Anche questa ipotesi, tuttavia, sembra abbastanza semplicistica. Andiamo allora con ordine. Prima ancora di domandarci perché Orfeo si volta, chiediamoci se Euridice fosse sempre la stessa. Perché gli dèi inferi non vogliono che la veda? È un semplice divieto imposto unicamente per capriccio? Rainer Maria Rilke si esprime così: «Ormai non era più la donna bionda che altre volte nei canti del poeta era apparsa, non più profumo e isola dell’ampio letto e proprietà dell’uomo. Ora era sciolta come un’alta chioma, diffusa come pioggia sulla terra, divisa come un’ultima ricchezza. Era radice ormai...». Euridice a questo punto appartiene al regno delle ombre, anche tornando non sarebbe più la stessa, poiché ha assaporato il frutto dei morti. Forse nell’istante in cui sta per riabbracciare l’amata Orfeo ha bisogno di sapere non tanto che lei sia lì fisicamente ma che ci sia nel suo ‘essere’ come era un tempo, ossia quella Euridice che lo sta seguendo è ancora sua moglie? È ancora capace di amare come amano i vivi? E se così non fosse? In questo caso, sì, la ‘curiositas’ di Orfeo sarebbe condivisibile. Un’altra possibile interpretazione sarebbe da ascrivere al fatto che Orfeo è un poeta e se è vero che la poesia raggiunge i suoi livelli più alti nel dolore, nella sofferenza d’amore (da Catullo a Petrarca, a Leopardi), è lecito ritenere che Orfeo ‘nutra’ le sue liriche con il dolore per la perdita di Euridice; come scrive Gesualdo Bufalino in “Calende greche” «allora Euridice si sentì d’un tratto sciogliere quell’ingorgo nel petto e trionfalmente, dolorosamente capì: Orfeo s’era voltato apposta». Sì, perché il vero scopo del viaggio agli Inferi è mettere alla prova se stesso, ossia riuscire a ‘piegare’ anche un animo ‘nero’ quale quello delle divinità ctonie; ora che Orfeo sa che il suo canto può ogni cosa, forse, non ha più bisogno di una Euridice in vita, perché il meglio di sé lo dà celebrando la mancanza di Euridice; forse in quell’istante Orfeo si rende conto che mai come nella morte il suo amore era stato così forte, mai come in quel momento aveva magnificato Euridice, e quindi ha bisogno che lei rimanga dov’è per continuare a ‘cantare’ quella poesia struggente da cui era ispirato. Le chiavi interpretative sono ancora tante e l’interrogativo resta aperto. Voi, cosa avreste fatto?

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Alba Subrizio

Alba Subrizio
«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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