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24.01.2021 - 09:20
Gli allevamenti intensivi sono una vera e propria bomba ecologica e sanitaria
Nel 2007, la rivista dell’American Public Health Association, la più grande e antica associazione di professionisti della sanità pubblica al mondo, pubblicava un editoriale intitolato "The Chickens Come Home to Roost". L'editoriale si interrogava se fosse prudente allevare così tanti “animali da cibo” in spazi ristretti, in primo luogo per la minaccia di pandemie che tali allevamenti possono innescare.
Nel 2007, la rivista dell’American Public Health Association, la più grande e antica associazione di professionisti della sanità pubblica al mondo, pubblicava un editoriale intitolato "The Chickens Come Home to Roost" (in italiano: “I nodi vengono al pettine”) che andava oltre la semplice richiesta di una riduzione degli allevamenti intensivi di polli e maiali. [1] L'editoriale si interrogava se fosse prudente allevare così tanti “animali da cibo” in spazi ristretti, in primo luogo per la minaccia di pandemie che tali allevamenti possono innescare. Due anni prima, Michael T. Osterholm* sul New England Journal of Medicine ammoniva che era necessario prepararsi per l’arrivo di una nuova pandemia in considerazione del fatto che lo stretto rapporto animale-uomo favoriva il “salto” di specie di alcuni virus, come ad esempio, stava per accadere con quello della “influenza H5N1”. [2] L'influenza H5N1, conosciuta anche come “influenza aviaria”, è solo una delle tante e diverse malattie che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l'uomo, e che hanno causato, e probabilmente causeranno ancora paure, sofferenze e morti per gli esseri umani.
Alcuni Autori hanno suggerito che "[tutte] le infezioni virali umane erano inizialmente di origine zoonotica", sebbene la precisa origine animale e la via di trasmissione all'uomo siano spesso controverse. [3] Ad esempio, ci sono almeno alcune prove che, analogamente all'influenza aviaria, la sindrome respiratoria acuta grave (la temuta SARS dei coronavirus) si è manifestata nei mercati cinesi degli animali vivi (cioè "umidi"). [4] Così come il “morbo della mucca pazza di Creutzfeldt-Jakob” è causato probabilmente dai prioni dell'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) [5,6] e il virus dell’HIV, che causa l'AIDS, è ampiamente ritenuto essere lo stesso dell'immunodeficienza dei primati non umani. [7,8]
L’editoriale del American Public Health Association [1], così continua: “Il consumo continuo di animali da parte dell'umanità non è solo moralmente problematico, ma anche altamente imprudente. L'azione preventiva che si concentra esclusivamente sulle cause prossime di malattia è più rischiosa dell'azione preventiva a lungo termine che si occupa di fattori causali a monte, ugualmente cruciali. Fare affidamento sulla neutralizzazione di una causa prossima lascia poco o nessun margine di errore. La visione più lunga, al contrario, consente di prevenire una minaccia prima che diventi imminente. Quindi, ci sono molte più opportunità per la prevenzione. Gli esseri umani hanno sofferto molto a causa del maltrattamento degli animali, ma questo non rende la sofferenza umana una punizione per il maltrattamento; è solo una conseguenza. Parlare di una connessione causale non implica che un agente intenzionale somministri il conseguente come punizione per l'antecedente. In ogni caso, gli esseri umani che soffrono non sono solo i responsabili del maltrattamento degli animali... Quando i polli (infetti) tornano nel pollaio per dormire, potrebbe essere un'altra persona, forse della generazione successiva, che soffre o muore di influenza aviaria. Coloro che consumano animali non solo danneggiano quegli animali e mettono in pericolo se stessi, ma minacciano anche il benessere di altri esseri umani che attualmente o in seguito abiteranno il pianeta.”
A giudicare dall’impatto in termini di morbosità e mortalità della pandemia da SARS-CoV-2 possiamo dire, con ragionevole certezza, di aver imparato poco o niente dai moniti sollevati in letteratura scientifica, circa il rapporto uomo-animale e la necessità di avere una visione più lunga che consenta di prevenire una minaccia prima che diventi imminente: Covid docet.
Note
* Michael T. Osterholm, Direttore del “Center for Infectious Disease Research and Policy”, Direttore associato director del “National Center for Food Protection and Defense” e Professore di Sanità Pubblica della “University of Minnesota”, Minneapolis.
Bibliografia
1 . Benatar D. The chickens come home to roost. Am J Public Health. 2007 Sep;97(9):1545-6. doi: 10.2105/AJPH.2006.090431.
2 . Osterholm MT. Preparing for the next pandemic. N Engl J Med. 2005 May 5;352(18):1839-42. doi: 10.1056/NEJMp058068.
3 . Weber J, Alcorn K. Origins of HIV and the AIDS epidemic. MedGenMed. 2000;2(4):1–6.
4 . Guan Y, Zheng BJ, He YQ, et al. Isolation and characterization of viruses related to the SARS coronavirus from animals in Southern China. Science. 2003;302:276–278.
5. Scott MR, Will RG, Ironside J, et al. Compelling transgenic evidence for transmission of bovine spongiform encephalopathy prions to humans. Proc Natl Acad Sci USA. 1999;96: 15137–15142.
6. Gao F, Bailes E, Robertson DL, et al. Origin of HIV-1 in the chimpanzee Pan troglodytes troglodytes. Nature. 1999;397:436–441.
7. Sharp P, Bailes E, Chaudhuri RP, Rodenburg CM, Santiago MO, Hahn BH. The origins of acquired immune deficiency syndrome viruses: where and when? Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2001;356:867–876.
8. Webster RG. Wet markets—a continuing source of severe acute respiratory syndrome and influenza? Lancet. 2004;365:234–236.
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