I pensieri dell'Altrove
13.03.2016 - 09:20
La gente parla da sola. Appena girato un angolo di strada, in macchina facendo finta di cantare, in un ascensore, in casa. A me scappano le imprecazioni, dette a voce alta ho la sensazione che si potenzino e che siano più efficaci, e mi pare pure che subito dopo mi facciano sentire più vivace. In realtà tutti sopportiamo tonnellate di pensieri molesti, pesanti, tristi, fastidiosi, che conteniamo e controlliamo, elaboriamo ed archiviamo. È un lavoro continuo, perpetuo, che non si congede tregue o pause rinfrescanti, è una fatica che va in automatico producendo informazioni che poi diventano parole, gesti, scelte. Qualche volta può accadere che per dare maggiore incisività al pensiero si senta l'impulso di fermarlo con la voce. È un fatto, come dire, 'strutturale', cioè dare una forma, in questo caso vocale, a processi altrimenti silenziosi. Altre volte, verosimilmente, è perché il bagaglio invisibile è così pieno ed ingombrante che appena trova un foro di sfiato lo adopera per legittima difesa e per evitare un traffico emotivo in quel momento insopportabile. Ecco spiegato perché, per esempio, nelle moderne applicazioni di indagini per qualche reato, si usino degli intercettatori ambientali, non solo nei luoghi comuni ma anche in auto, dove è presumibile che un soggetto, sentendosi al sicuro, parli da solo. Ho pensato spesso che quello che si dice in quei secondi è quasi sempre qualcosa di molto vicino alla verità, di non sofisticato o condizionato, ma addirittura intimo, perché prevalentemente istintivo. Poi magari sono consequenziali quei dieci secondi di imbarazzo, a pensarci, perché la sospensione di un qualsiasi controllo ci ha abituati all'idea che è così che si può entrare, senza troppa anticamera, nella categoria dei matti. Ma sono considerazioni pregiudizievoli, immagino si abbassi solo il margine di un freno inibitorio che in qualche caso porta anche l'impronta forte della solitudine estrema. E comunque, siamo in un tempo strano, sembriamo sempre più a delle isole distanti fra loro, lembi sfrangiati di terre franose, ferite curate che hanno lasciato tessuti cicatriziali che bruciano ancora, voci che non si ascoltano o, nella migliore delle possibilità, che non si riconoscono. Più facile parlare con un tablet o con uno smartphone che con il nostro vicino di sedia, o di letto. Più facile navigare a vista che affondare, graffiare il fondo umido e poi risalire per respirare finalmente una dose di aria pulita. Una diffusa corruzione dell'anima, che non porta sorprese di revisioni radicali, ma solo dolorose dispersioni di sé. Ecco perché la gente parla da sola. Per un tentativo di ricondursi a 'casa', per avere la certezza di esserci, per ricompattare un'idea di dissolvenza. O più semplicemente perchè, finalmente, per un attimo ci diamo un imprevisto appuntamento, ci incontriamo e parliamo ufficialmente di noi stessi con noi stessi.
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