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I nodi della politica

Le sardine lucane restano sott’olio e sotto sale: le sconfitte elettorali di una sinistra divisa e fino a ieri alla guida della Regione creano problemi ai giovani contestatori

In Basilicata appare più complessa l’organizzazione di una mobilitazione popolare, senza simboli partitici, contro il salvinismo

Le sardine lucane restano sott’olio e sotto sale: le sconfitte elettorali di una sinistra divisa e fino a ieri alla guida della Regione creano problemi ai giovani contestatori

POTENZA – La libertà è partecipazione. Anche, ma non solo. Le proteste di massa evidenziano la
capacità di mobilitarsi contro potenti e approfittatori, ma anche una certa frustrazione di chi non è
capace di modificare a proprio favore (inteso non in termini puramente materiali) scelte
strategiche, provvedimenti economici o indirizzi istituzionali. Per questo si protesta. Lo si è sempre
fatto contro i padroni ingordi, oppressori, schiavisti, così come a favore di diritti sociali o della
persona. La politica, quella buona, è stata sempre in prima linea. Cambiano i tempi, mutano gli
scenari e gli equilibri. Così le proteste cambiano indirizzi e protagonisti. Ci si sbizzarrisce ad
etichettare gruppi e protagonisti di manifestazioni che quasi sempre vengono inglobati nei
movimenti politici in auge, oppure rappresentano essi stessi il crogiuolo di nuovi partiti. Ed è il caso
delle nuovissime sardine, che hanno visto la loro genesi in occasione dell’avvio della campagna
elettorale per le regionali in Emilia Romagna. Migliaia di giovani nelle principali città per provare a
dimostrare (come se fosse l’unico modo) che la piazza non vuole la vittoria del centrodestra:
considerato razzista, antidemocratico e discriminatorio. Tutto nella norma, o quasi. Ma se si vota in
Emilia, prima o poi si voterà anche in altre regioni. Allora meglio mobilitarsi. Le sardine si
organizzano dappertutto e sono pronte a dimostrare tutta la loro democraticità, lanciando segnali
eloquenti di lotta ai neo nazionalismi, neo fascisti, neo integralismi e via discorrendo. Nel mirino,
non più il magnate cavalier Berlusconi ma il successore (non designato) Matteo Salvini. Una
battaglia che riparte dalle piazze, in attesa di ciò che decreteranno le urne di Emilia Romagna e
Calabria tra qualche mese. E la Basilicata? Le sardine hanno qualche problema in più. Non si
voterà a breve, mentre le recenti vittorie del centrodestra hanno fiaccato lo spirito sessantottino di
certa sinistra. E poi come manifestare contrarietà alle politiche del centrodestra se gli elettori
lucani nei giro di pochi mesi hanno mandato in soffitta una classe dirigente che sembrava
inossidabile? La Regione Basilicata, prima, il Comune di Potenza, poi (senza contare il precedente
al Comune di Matera) sono stati risucchiati nell’orbita del centrodestra a trazione leghista. Gli
elettori hanno sentenziato che la sinistra, compreso il centro, per ora devono mettersi in fila e
provare a rigenerarsi, facendo lentamente dimenticare i decenni di governo. Allora per le sardine il
tutto è più complesso. Difficile chiedere di fermare l’avanzata della destra (e delle sue politiche)
quando proprio i cittadini a grande maggioranza hanno dimostrato –almeno per il momento- di
apprezzare e voler mettere alla prova. Difficile provare a sbarrare la strada a chi ha ricevuto le
chiavi delle proprie città e regione con il preciso mandato di far dimenticare il passato
egemonizzato dal centrosinistra. Le sardine protestano contro la Lega, ma a differenza dell’Emila
non hanno un Bonaccini da sostenere. Così come non possono difendere una continuità
istituzionale e governativa che ha lanciato la regione emiliano-romagnola tra le più dinamiche non
solo della penisola, ma dell’intera Europa. Per le sardine lucane sarà difficile affossare le linee
socio-economiche di un centrodestra che ancora appare in fase di rodaggio (per la verità l’inizio
non appare molto convincente e “rivoluzionario”). Allora è il caso di muoversi in punta di piedi:

difendendo diritti universali messi in pericolo da una società apparentemente razzista o negatrice
di diritti che tutti credevano ormai acclarati, ma senza indicare persone o partiti nemici. Sardine,
quindi, meno salate di quelle impegnate in campagna elettorale. Sardine d’acqua dolce? Per ora sì.
Meglio coinvolgere associazioni, sindacati, volontariato per rilanciare temi aggreganti e meno
divisivi. Per le battaglie identitarie e politiche ci sarà tempo, meglio attendere l’approssimarsi di
campagna elettorale. Infatti, in Basilicata scopriremmo che le nostre sardine non hanno la stessa
lunghezza, colore e finalità. Sarà il caso di non spaventare nessuno e rimandare le battaglie più
“serie”. Per la lotta dura ci sarà tempo. Occorrerà organizzarsi meglio, individuare temi e obiettivi
lineari e, soprattutto, facilmente riproducibili nella società lucana. La lotta al razzismo unisce e
impegna tanto la destra quanto la sinistra (in realtà la seconda più della prima), ma di temi
universalmente riconosciuti e capaci di scaldare i cuori dei manifestanti, non sono facili da
rilanciare. Ma se parlassimo di petrolio, acqua, sviluppo, ambiente, politiche sociali anche le
sardine sarebbero costrette a battere in ritirata senza aver idee chiare e uniformi. La piazza, da
queste parti, quindi può attendere tempi migliori. Pesano ancora le divisioni e lacerazioni degli
ultimi anni (comprese le scissioni a destra e a sinistra del Pd), e ancora solo apparentemente
rimarginate. Nelle prossime settimane qualcosa di muoverà, ma non chiamatele sardine. In piazza
scenderanno in tanti. Troppi di loro con in tasca diverse e troppe tessere. Impossibile ripetere la
marcia dei 100 mila lucani contro il sito unico di scorie nucleari nel Metapontino. Serve altro.
Eppure, sardine a parte, la partecipazione resta una delle più alte rappresentazioni di libertà.

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