Società
13.07.2020 - 15:55
Il piccolo Sedrick Elia insieme al suo papà
Nove bambini strappati alla gioia di un abbraccio troppo presto, nove bambini che hanno ritrovato una famiglia anche in tempo di Covid, una storia di amore e lavoro, un progetto di eccellenza per la nostra regione. Il Gruppo di volontariato “Solidarietà” nasce a Potenza nel 1979 e si impegna quotidianamente nel campo della solidarietà internazionale e delle tematiche relative all’infanzia abbandonata. Un gruppo coeso e attivo, capace di dare lavoro a tanti giovani professionisti del settore. «Degli angeli – afferma Cristina, una mamma che li conosce da anni – il loro lavoro ha contribuito a realizzare un piccolo miracolo nella mia vita. Hanno reso genitori coppie che si erano quasi rassegnate a non esserlo e hanno dato una famiglia a bambini condannati a non conoscerne mai il calore». Questi mesi così convulsi hanno provato a fermare gli iter avviati dal gruppo che non si è mai arreso portando avanti i propri progetti, sfidando persino la pandemia. Nove bambini originari del Burundi, regolarmente adottati da altrettante coppie italiane e già in possesso dell’autorizzazione all’ingresso e alla residenza permanente in Italia rilasciata dalla Commissione per le adozioni internazionali (Cai), erano bloccati nel piccolo Stato africano per le misure di contenimento della pandemia da Coronavirus ancora in vigore. Mesi di lavoro, di coordinamento con gli organi competenti non potevano essere spazzati via. Domenica 12 luglio i bambini sono atterrati a Roma Fiumicino, luogo che rimarrà nel loro cuore e in quello dei neo genitori. «Fiumicino, luogo dell’abbraccio che sancisce l’inizio di una nuova vita insieme» afferma Donata, volontaria del gruppo potentino. La redazione de Il Mattino ha contattato il presidente Don Franco Corbo che ha rilasciato alcune dichiarazioni.
Grazie al vostro operato molte coppie hanno la possibilità di diventare genitori e molti bambini diventano figli. Quest’anno la pandemia stava quasi bloccando la vostra iniziativa.
«Abbiamo dovuto fare dei cambiamenti all’interno dell’iter di ricongiungimento di bambini e famiglie. Ogni adozione ed ogni arrivo in Italia è preceduto da un periodo di conoscenza fisica all’estero nel quale i piccoli hanno la possibilità di abbracciare i propri genitori nella loro terra di origine. Quest’anno la difficoltà è stata proprio questa. I bambini hanno infatti potuto conoscere per la prima volta i neo genitori a Fiumicino. Un’emozione davvero grandissima».
Come è stato possibile realizzare questo ricongiungimento?
«Tutto parte da un grande lavoro di coordinamento tra ministeri esteri ed italiani ha permesso ai piccoli di arrivare in Italia ed abbracciare i propri genitori. È stata soprattutto la Cai che, mediando con le varie istituzioni coinvolte, tra cui l’Ambasciata italiana a Kampala-Uganda, si è adoperata per “portare a termine l’impresa”. Ottenute le varie autorizzazioni, tra cui quella degli stessi genitori, è stato Antonio Zivieri, Corrispondente consolare a Bujumbura, a rappresentare la parte istituzionale della delegazione burundese che ha accompagnato i minori in Italia. Con lui c’era anche Manna Konakuze, referente del Gvs nello Stato africano. Io ero in aeroporto e vi assicuro che l’emozione ci ha travolto tutti».
Dove sono dirette le famiglie coinvolte e come hanno reagito i bambini?
«Le famiglie hanno raggiunto le nuove sedi di residenza: Zevio (Ve), Altamura (Ba), Giffoni Valle Piana (Sa), Agropoli (Sa), Lagonegro (Pz), Palagiano (Ta), Napoli e Milazzo (Me). I bambini non hanno mostrato particolari diffidenze, anzi, si sono affidati ai genitori quasi con naturalezza. Certamente li attenderà un periodo di ambientamento non scevro da qualche difficoltà. È mancato, infatti, l’incontro graduale del bambino con i genitori, di solito sostenuto all’estero da figure a lui familiari, come pure è mancato ai genitori la possibilità di conoscere lo spazio di vita in cui è cresciuto il figlio. Anche in questo caso, però, ci sarà il Gruppo di volontariato “Solidarietà” a sostenere i genitori nella comprensione delle dinamiche comportamentali dei bambini».
Alessandra è la mamma del piccolo Sedrick, atterrato anche lui a fiumicino nella giornata di ieri, 12 luglio. Sedrick Elia ha tre anni. Occhi vispi, curioso e innamorato perso delle auto.
Come ha passato la notte il piccolo Sedrick?
«Sedrick Elia ha tre anni. Per la prima notte nella sua nuova casa sono stata più agitata io! Lui invece è stato meraviglioso. Ha avuto soltanto un momento di confusione prima di addormentarsi, ho messo il cartone Madagascar e mi sono stesa accanto a lui e tutto è passato, ha preso fiducia e si è addormentato. Stamattina lo abbiamo svegliato alle 10, dopo un piccolo momento di spaesamento si è messo vicino alla finestra, è incantato dalle auto, dal paesaggio, da queste novità».
Quali sono le emozioni che avete provato?
«Per motivi di sicurezza noi genitori attendevamo fuori da Fiumicino, ogni coppia veniva chiamata e i bambini raggiungevano i propri genitori. Il nostro Sedrick era in un angolino, mi sono avvicinata e subito ha preso confidenza con me. Abbiamo potuto fare solo due video chiamate in questi sette mesi, da gennaio abbiamo avuto l’annuncio dell’affidamento e attendevamo il suo arrivo da aprile. Non nego che questi mesi sono stati duri, abbiamo avuto paura di non poterlo più abbracciare per via del Covid. Il Gruppo di volontariato “Solidarietà” invece ha fatto di tutto per permettere questo ricongiungimento. Ci hanno confortati, ci hanno dato tanta speranza. Ma davvero, era destino lui doveva essere con noi. Ci saremmo andati persino a nuoto, il nostro piccolo ora è a casa».
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