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Bambini ammalati, come occuparsi delle loro emozioni

«Non siamo abituati a prenderci cura delle nostre emozioni e la società di cui facciamo parte non aiuta»

Bambini ammalati, come occuparsi delle loro emozioni

Nell’ultimo articolo avevo parlato del senso di confusione e perdita che i fratelli dei bambini con il cancro vivono e che può manifestarsi attraverso sintomi più o meno evidenti. Prima di illustrarvi quelli più frequenti, è importante fare una considerazione a cui, peraltro, tengo molto: nella nostra società, le difficoltà psicologiche non vengono ancora riconosciute come importanti o degne di attenzione, diversamente dal sintomo organico. Per il mal di denti andiamo dal dentista, per il mal di gola o per la tosse o per il raffreddore andiamo dal medico di base e l’associazione “sto male, vado dal medico” è per noi immediata e scontata. Se, invece, ci sentiamo tristi, arrabbiati, stanchi, irritabili, ansiosi, disperati cosa facciamo? In alcuni casi, riconosciamo il nostro stato emotivo ma non ne teniamo conto, sminuiamo; in altri casi, andiamo avanti come automi, in maniera automatica, negando completamente tutto ciò che ha a che fare con il nostro stato emotivo. In altre parole, non siamo abituati a prenderci cura delle nostre emozioni e la società di cui facciamo parte non aiuta. È anche vero, poi, che per il sintomo organico c’è sempre il farmaco, che è un rimedio immediato: lo prendiamo e, nel giro di pochi giorni, stiamo meglio. Occuparsi delle nostre emozioni, invece, richiede tempo e dedizione ma il nostro è un mondo che va sempre più veloce, è un mondo che guarda al traguardo più che al percorso e dimezzare i tempi è diventata una delle nostre priorità. Eppure, la parola emozione deriva dal latino “ex (fuori) e movere (muovere)” che, letteralmente, significa condurre fuori. Più semplicemente, le emozioni ci motivano al movimento, al comportamento, a stabilire relazioni con l’ambiente che ci circonda: sono le emozioni che ci fanno sentire vivi! La realtà dei fratelli dei bambini con il cancro è stata ancora poco esplorata dalle ricerche scientifiche e quelle che sono state condotte hanno messo in luce come i fratelli sani tendano ad adattarsi bene al contesto imposto dalla malattia. Solo una piccola percentuale, infatti, ha difficoltà ad addormentarsi e ad alimentarsi, un’idea negativa di se stessi, comportamenti aggressivi rivolti a sé e agli altri e un calo nel rendimento scolastico. Quello che sorprende è che quasi tutti i ricercatori sono stati interessati ad un sintomo in particolare e solo uno studio (almeno negli ultimi anni) si è posto in quella che in psicologia viene definita prospettiva dimensionale, contestualizzando il sintomo in relazione alla storia personale del singolo e alla sua personalità: lo stesso sintomo, oltre ad avere un significato diverso per ciascuna persona, è anche vissuto in maniera diversa ovvero è accompagnato da emozioni diverse che rendono, quindi, l’esperienza sintomatologica e, più in generale, la difficoltà che si sta affrontando strettamente personale e soggettiva. Unica.

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