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La diagnosi prenatale e la Vulnerable child syndrome

Circa nel 60 per cento dei genitori si riscontrano livelli elevati di ansia, depressione e sintomi del disturbo post-traumatico da stress, la cui gravità o intensità sembra dipendere non dall’anomalia in sé quanto dalla storia clinica nel complesso

La diagnosi prenatale e la Vulnerable child syndrome

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Nei casi di diagnosi prenatale alcune madri si sentono sopraffatte dal dramma della responsabilità morale con cui si trovano obbligate a confrontarsi, anche rispetto al legame già creato con il bambino, e la comunicazione della diagnosi si configura sempre come un evento traumatico che modifica la riorganizzazione del passato sia nelle madri che nei padri

Nel libro “Sul nascere madri e padri”, Rinaldi spiega con delicatezza e con il fascino psicoanalitico le difficoltà della gravidanza. Non sempre, infatti, essa prosegue come ci si aspetterebbe e augurerebbe. A volte, non termina con una nascita, come nel caso di un aborto spontaneo o di una morte successiva al parto, e altre volte il bambino potrebbe essere portatore di una malattia o di una difficoltà. Le minacce d’aborto o i sospetti durante l’ecografia si inseriscono nel processo di transizione alla genitorialità (e, quindi, di preparazione psicologica che investe i genitori durante la gravidanza) sottoforma di fantasie legate ad anomalie, diversità o difficoltà che potrebbero riflettere quello che da sempre la donna - e l’uomo- si porta dietro di difficile e conflittuale. Come riportano Aite e collaboratori in un articolo del 2011, nei casi di diagnosi prenatale alcune madri si sentono sopraffatte dal dramma della responsabilità morale con cui si trovano obbligate a confrontarsi, anche rispetto al legame già creato con il bambino, e la comunicazione della diagnosi si configura sempre come un evento traumatico che modifica la riorganizzazione del passato sia nelle madri che nei padri: i genitori non hanno più parole ed immagini per pensare al loro futuro bambino e per parlare di lui. Anche nel caso di comunicazioni importanti in gravidanza, la prima reazione è quella di shock. L’ ansia che i genitori vivono in seguito alla diagnosi di un'anomalia congenita, soprattutto se richiede un intervento chirurgico alla nascita, sembra essere dovuto a diversi fattori. Uno, in particolare, è legato alle caratteristiche del tempo: la diagnosi è improvvisa, inaspettata ed pone fine alla sensazione di controllo dei genitori per lasciare posto ad un senso forte di impotenza. Per errori di valutazione che siamo inclini a fare, potremmo pensare che più grave è la malformazione maggiore è la quantità di ansia vissuta dai genitori ma scientificamente questa correlazione non è mai stata provata. Circa nel 20-60% dei genitori si riscontrano livelli elevati di ansia, depressione e sintomi del disturbo post-traumatico da stress, la cui gravità o intensità sembra dipendere non dall’anomalia in sé quanto dalla storia clinica nel complesso. Un altro dato interessante che emerge dalla letteratura riguarda la Vulnerable Child Syndrome che contribuisce a connotare la relazione genitore-figlio di ansia e paura. Nello specifico, consiste nella visione, da parte del genitore, che il bambino sia ancora e costantemente in pericolo e verso il quale genitore sviluppa un atteggiamento e un comportamento di assoluta iperprotezione. Il rischio di questa reazione genitoriale è l’interiorizzazione, nel bambino, di una rappresentazione di sé come persona fragile che potrebbe interferire con il processo di separazione e individuazione necessario per una traiettoria tipica dello sviluppo psicologico.

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