covid19
06.11.2020 - 19:07
avv. Franco Coppi e prof. Mario Esposito
Per far fronte all’eccezionalità del fenomeno manifestatosi in Italia in tutta la sua gravità a partire dal 21 febbraio, con la registrazione del primo decesso accreditabile al Covid-19 a Vo’Euganeo in provincia di Padova, il Governo Conte ha fatto immediato ricorso al noto ed ormai televisivo strumento del Dpcm. I decreti del presidente del consiglio dei ministri sono atti amministrativi e non legislativi poichè emanati da un organo della pubblica amministrazione ossia il premier. Per ovvie ragioni, sono sempre esistiti ma l'utilizzo non è mai stato eccessivo, anche durante le più drammatiche situazioni emergenziali come terremoti ed alluvioni. Numerosi premier ne hanno fatto un utilizzo meramente tecnico ad esempio per disciplinare i criteri delle nomine dirigenziali. Il Dpcm, da un punto di vista giuridico è una fonte di “rango inferiore” perciò deve necessariamente reggersi su una legge o su un decreto che ne sancisce l’ambito di applicazione. I Dpcm hanno il merito di essere di rapida emanazione, dato che dipendono (teoricamente) dalla sola ed esclusiva volontà del premier. Sostanzialmente il governo prima ha emanato il decreto legge sullo stato di emergenza e, sulla base di questo, ha emanato i Dpcm considerati un’estensione o un corollario. Al contrario i decreti legge sono provvedimenti collegiali, vale a dire che il loro contenuto è discusso e condiviso dal consiglio dei ministri. Ed entrano immediatamente in vigore, tuttavia soltanto per i decreti legge è previsto un passaggio ulteriore in Parlamento e in assenza di conversione delle Camere questi decadono. La decretazione emergenziale, ovviamente, è sottoposta al controllo del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale. In esclusiva la posizione di due noti giuristi: l'avvocato Franco Coppi ed il professor Mario Esposito. Per Coppi l'utilizzo del decreto legge trova il proprio fondamento nell'attuale situazione emergenziale: «Il governo sta facendo fronte ad una situazione di carattere mondiale assolutamente imprevista ed imprevedibile e che non sappiamo ancora quali esiti potrà avere. Ritengo che a situazioni emergenziali si debba necessariamente rispondere con strumenti emergenziali e procedure rapide privilegiando la strada più breve ed immediata: tra queste c'è il Dpcm. La salute è un bene fondamentale ed in questo momento storico è seriamente compromessa e l'esercizio di ogni diritto comporta la limitazione di altri. Per questo motivo non ravvedo nell'attività del governo alcuna forzatura ed alcun utilizzo eccessivo o sovradimensionato del Dpcm». Di parere contrastante è il professor Mario Esposito ordinario di diritto costituzionale: «Limitatamente al Dpcm ritengo che si debba fare una premessa: si tratta di uno strumento tecnico e politico. Nel primo caso viene privilegiato per l'immediatezza dell'emanazione che esula dai principi di collegialità di un consiglio dei ministri composto da più anime di un governo. Da un punto di vista politico, invece, è sicuramente gradito per evitare i passaggi parlamentari. Vorrei sottolineare che se in una prima fase emergenziale il Dpcm poteva anche essere ritenuto lo strumento più idoneo, ad oggi se ne ravvede solo un uso eccessivo poichè fortunatamente, a differenza dello scorso semestre non tutto è emergenza e perciò non tutto dovrebbe essere gestito con il Dpcm. Il Parlamento rappresenta per eccellenza il luogo del dialogo. Le Camere devono partecipare attivamente alla gestione della seconda fase ed il Dpcm dovrebbe fare spazio a strumenti più collegiali e rappresentativi che bene si addicono alla gestione delle crisi e delle emergenze. Il decreto legge in sede di riconversione è dibattito e partecipazione attiva delle Camere ma evidentemente alla base vi è una questione politica».
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