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covid e psicologia

Covid -19: non siamo singoli individui ma parte di un’unica collettività

Nonostante viviamo in un’epoca avanzata, è come se, per alcune questioni più sensibili, vivessimo in quella che gli antichi greci chiamavano “Civiltà della vergogna”

Covid -19: non siamo singoli individui ma parte di un’unica collettività

“Il mondo non è preparato per una pandemia da patogeni respiratori virulenti, a rapida diffusione. Oltre a livelli di mortalità tragici, una tale pandemia potrebbe causare panico, destabilizzare la sicurezza nazionale e avere un grave impatto sull’economia e sul commercio globale.”
Questo è quanto dichiarato in un report dall’OMS nel 2019, che sembra aver predetto la situazione inimmaginabile causata dall’ormai noto “nemico invisibile” Covid-19. È da mesi ormai che sui giornali, alla radio, in televisione non si fa altro che parlare del grave danno economico che il virus ha arrecato al Paese e delle sue conseguenze per la salute fisica, accantonando l’impatto che questa situazione di incertezza e paura verso il futuro ha avuto sul piano psicologico. Nonostante viviamo in un’epoca avanzata sotto ogni aspetto è come se, per alcune questioni più sensibili, vivessimo in quella che gli antichi greci chiamavano “Civiltà della vergogna”, in cui sembra quasi sbagliato parlare di vulnerabilità, di instabilità emotiva e in cui la figura dello psicologo è, in molti casi, considerata inutile. Nessuno si è soffermato abbastanza per parlare degli eventi traumatici che molte persone, sfortunatamente, hanno dovuto affrontare: basti pensare a quanti, soprattutto nei primi mesi del contagio, hanno perso persone care, al dramma dell’ospedalizzazione, alle battaglie che i sanitari hanno dovuto combattere duramente ogni giorno sentendosi impotenti di fronte alla perdita dei pazienti, a quanti si sono ritrovati da un momento all’altro in una situazione estrema, di privazione della libertà, a cui non erano preparati psicologicamente, alla paura di essere infettati o di infettare i propri familiari.
Come diversi studi recenti hanno dimostrato, la pandemia ha agito indirettamente ma con maggior impatto su bambini e giovani. Anche se i bambini sono tra gli individui che riescono meglio ad adattarsi ai cambiamenti dovuti al contesto, la privazione della quotidianità e la lontananza dai propri compagni di gioco hanno condotto ad un aumento di irritabilità, di disturbi del sonno e disturbi d’ansia. Queste problematiche si sono maggiormente accentuate negli ambienti familiari più fragili in cui i genitori hanno dovuto fare i conti con la perdita del posto di lavoro o con l’aumentare dei debiti. Nei più giovani, invece, in cui la noia e la frustrazione sono stati all’ordine del giorno, è stata riscontrata una crescente sensazione di solitudine e una chiusura in sé stessi a causa della mancanza di possibilità di potersi confrontare con i propri coetanei e con in mondo esterno. A questo pesante carico emotivo si è aggiunta anche la disorganizzazione della famosa “didattica a distanza”: passare intere giornate di fronte allo schermo del computer non solo è causa di stress ma porta con sé anche una mancanza di interesse e uno scarso entusiasmo per ciò che si sta studiando. Bisogna anche considerare che non tutti hanno la possibilità di possedere mezzi tecnologici utili ai fini dell’istruzione e ciò ha anche aumentato maggiormente il divario sociale, facendo sentire inadeguati e fuori luogo quanti non potessero usufruire di tali comodità.
Un altro aspetto da sottolineare, forse il più raccapricciane, è stato anche l’elevato numero di suicidi tra gli adulti a causa della perdita del lavoro, della frustrazione di non poter garantire i beni di primaria importanza alla propria famiglia, della mancanza di fiducia nelle Istituzioni che, in questo momento storico così delicato, non sono state capaci di intervenire in soccorso di quanti stavano vivendo una condizione insostenibile dal punto di vista economico.
Anche se il covid ha causato una grave sofferenza psicologica può essere letto come un monito: mai, come ora, possiamo avere l’opportunità di comprendere che non siamo solo degli individui singoli ma siamo parte di un’unica collettività. Possiamo imparare che ogni tanto è gratificante lasciare per un momento in disparte le nostre esigenze, il nostro bisogno continuo di essere migliori, e aprirci con nuovo spirito a chi circonda. Dovremmo imparare a comprendere il valore di un gesto di affetto e ad accogliere la sofferenza delle altre persone liberandoci dei pregiudizi. Forse, solo in questo modo, possiamo essere capaci di affrontare in modo più sereno le eventuali sfide che questo “nemico invisibile” ci porterà ad affrontare, magari per un’ultima volta, in futuro.

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