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Giornata nazionale del fiocchetto lilla

«Dalla sofferenza della solitudine alla rinascita», l’iniziativa del Dca “G. Gioia” di Chiaromonte

La dottoressa Rosa Trabace, responsabile del Centro al Mattino: «Oggi, l’isolamento sociale, l’incertezza del futuro, l’uso massivo dei social, hanno favorito la diffusione e l’aggravarsi dei disturbi alimentari». «Si sono incrementate le richieste di aiuto al numero verde della nostra unità operativa»

«Dalla sofferenza della solitudine alla rinascita», l’iniziativa del Dca “G. Gioia” di Chiaromonte

Anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata o binge-eating disorder sono solo alcuni dei più diffusi disturbi alimentari, che ad oggi sembrano farsi strada con maggiore facilità e ferocia; si stima che l’anoressia sia la prima causa di morte fra le ragazze dai 15 ai 25 anni. Urge un impegno continuativo in direzione della sensibilizzazione al tema e della diagnosi precoce delle patologie alimentari. Il Dca “G. Gioia” di Chiaromonte, unico servizio pubblico nel Centro Sud d’Italia, in questi giorni, sta focalizzando i suoi sforzi nell’iniziativa “Dalla sofferenza della solitudine alla rinascita: Il percorso riabilitativo presso il Centro G. Gioia”, in occasione della Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla. Fino al giorno 15 marzo le piattaforme social del Centro ospiteranno una serie di attività volte al coinvolgimento dell’opinione pubblica e inclusive di testimonianze dirette. La responsabile del Centro, la dottoressa Rosa Trabace, fornisce un approfondimento sulle fragilità comuni alle vittime della malattia e sulle criticità del momento.
Quanto influenti sono le testimonianze di chi ha vissuto in prima persona la malattia?
«Le testimonianze sono fondamentali giacché riportano in prima persona e direttamente i vissuti, le difficoltà, i conflitti e a volte i tormenti e le lotte interne per combattere contro il disturbo, con tutte le resistenze, mettendo in atto le parti più costruttive e collaborative di sé; rappresentano, quindi, per chi le ascolta un messaggio di speranza e fiducia per affrontare più serenamente la malattia. D’altro canto chi soffre del disturbo tende a evitare di affrontare il percorso di guarigione, giacché diffida fortemente di poter ricevere un vero aiuto e una comprensione e accoglienza profonde nel contesto curativo-istituzionale in cui permarrà, unico luogo e spazio in cui è possibile davvero affrontarlo e superarlo».
Quando l’ospite lascia il Centro e ritorna al quotidiano cosa porta con sé nel suo bagaglio?
«Va premesso che le persone vengono seguite dall’equipe istituzionale, gradualmente e per fasi, insieme al contesto familiare di riferimento. Nel rientro nel proprio contesto relazionale di appartenenza, avranno modo di sperimentarsi controllando il livello di ansia e paure repressive a vecchi modelli di comportamento. Pertanto portano con sé una nuova e ben acquisita capacità di gestione comportamentale e di maggiore indipendenza emotiva. Fondamentali nel loro nuovo bagaglio saranno i nuovi livelli di consapevolezza e fiducia in sé stessi, oltre a uno stato emotivo rinnovato, sgombro da quelle vecchie angosce, aure e conflitti interiori che lo hanno determinato».
Quali sono stati i fattori scatenanti dell’aggravarsi del fenomeno? Quali sono i campanelli d’allarme che dovrebbero destare preoccupazione a familiari e amici?
«Sono molteplici i fattori che possono determinare l’aggravamento del comportamento patologico: oggi, l’isolamento sociale, l’incertezza del futuro, l’uso massivo dei social, hanno favorito la diffusione e l’aggravarsi dei disturbi alimentari, anche alla luce delle emergenze che si stanno vivendo e che, nello specifico, scatenano criticità familiari, sociali e sanitarie. Si sono incrementate le richieste di aiuto che pervengono al numero verde (800161315) della nostra unità operativa. Più particolarmente, in questi momenti, chi soffre di un disturbo alimentare manifesterà comportamenti bizzarri come il limitarsi a consumare piccole e frammentate quantità di cibo, con un’attenzione morbosa verso il proprio corpo e le sue metamorfosi, fantasticate e percepite come alterate».
Si ricordano le parole del signor Stefano Tavilla, presidente dell’ass. Mi Nutro di Vita, papà di Giulia, morta a soli 17 anni per bulimia; a lui si deve il Fiocchetto Lilla: «Non può, non deve capitare ad altri. La morte di mia figlia deve servire a tutte le persone e le famiglie che vivono un dramma di questo genere. Il dramma di vedere chi ami che piano piano si spegne, non ride più, non mangia o vomita. Non accetta di farsi curare e a te resta la sensazione di non aver fatto abbastanza. Lei non ce l’ha fatta, ma non ci devono essere altri figli che muoiono quando potevano essere salvati».

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