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I luoghi della cura, la cura dei luoghi: l’importanza del setting ambientale nella terapia

Gaspare Armato: «Ritengo che il binomio Luogo e Cura sia inscindibile»

I luoghi della cura, la cura dei luoghi: l’importanza del setting ambientale nella terapia

 Da sempre, nell’ambito pedagogico e psicoterapeutico il setting ha avuto una rilevante importanza nella costruzione della relazione terapeuta-paziente, e come essa si colloca nella memoria a lungo e breve termine della mente di entrambi. Il luogo in cui la comunicazione avviene cambia profondamente le elaborazioni sui significati discussi. Il ruolo centrale dell’ambiente, inteso come contenitore mentale in grado di contenere i vissuti del paziente in uno spazio di ascolto, condivisione e progettazione, costituisce in punto essenziale in cui si entra in contatto con la sfera psichica. Il setting così inteso si configura come un insieme di regole formali esterne e di atteggiamenti mentali interni del terapeuta che rende possibile lo svolgersi del del lavoro terapeutico, favorendo il fluire delle interazioni in totale sicurezza. Con Gaspare Armato, Psicologo, Psicoterapeuta cognitivista perfezionato in EMDR, Criminologo, con un master anche in Futuro Vegetale e cultore di Psicologia Ambientale ed Architettonica, discutiamo di quanto “la cura dei luoghi” permetta, ai “luoghi della cura”, di acquisire un potere ancora maggiore sul rendimento e risultato di una buona terapia. Negli anni la psicologia si è molto concentrata sugli aspetti curativi della relazione terapeutica, ma oggi sappiamo che gli aspetti ambientali svolgono una funzione di fondamentale importanza nella cura. Il Dott. Armato vuole quindi concentrarsi su ciò che nel setting è stato maggiormente trascurato: ovvero la valenza ambientale, nonché il vero cambiamento di una concettualizzazione innovativa del setting.

Perché il setting terapeutico è così importante? 

Premetto che sono uno psicoterapeuta cognitivista ecologicamente orientato. Se parliamo di psicoterapia indoor e se prendiamo in considerazione quella parte del concetto di setting che ha a che fare con lo spazio fisico in cui generalmente si realizza il percorso di psicoterapia, ritengo che ci sia ancora molto lavoro da fare per una sua evoluzione. Nell’organizzazione strutturale di uno studio di psicoterapia, l’unico aspetto che spesso viene valorizzato è quello “estetico”. Oggi inizia a diffondersi una nuova e diversa cultura dell’abitare gli spazi interni, cresce la consapevolezza che le nostre case, i nostri luoghi di lavoro, i nostri ambienti indoor, sono pieni di insidie per la nostra stessa salute. L’aria indoor è 3 volte più inquinata di quella esterna e se prendiamo in considerazione una casa di città sappiamo quanto sia inquinata l’aria dell’ambiente outdoor, per cui il cambio d’aria effettuato con l’apertura delle finestre vanifica, in parte, l’obiettivo di avere aria indoor più salubre. La formaldeide è presente in molti elementi di arredo, sono presenti inquinanti derivanti dall’utilizzo delle stampanti, in termini di Qualità Ambientale Interna, si possono subire condizioni non ideali di luminosità, di discomfort termico ecc., contribuendo a peggiorare la qualità di fruizione del nostro luogo di lavoro

Attraverso la cura dei luoghi ci si può prendere cura di se stessi?

 Ritengo che il binomio Luogo e Cura sia inscindibile. E’ importante ricordare che il terapeuta sta nel suo studio diverse ore ed è il soggetto maggiormente esposto ai pericolo di inquinamento indoor. Le neuroscienze ambientali mettono in evidenza che la qualità dell’aria indoor è correlata alla qualità delle prestazioni cognitive e per un lavoro di cura, che fa delle funzioni cognitive il mezzo ed il fine della cura, potrebbe essere uno svantaggio.

Cosa non deve mancare in uno spazio che diventi luogo della cura? Come deve essere organizzato? 

Il discorso sui luoghi di cura formali in generale sia pubblici che privati, come ospedali, case di cura, strutture sanitarie, studi medici e di supporto psicologico e psicoterapico, necessita ormai di una revisione e di una risemantizzazione in senso ecologico. Questo grande tema non può essere declinato solamente in senso energetico e di sostenibilità, ritengo piuttosto necessario informare i dispositivi di cura, psicologici e fisici, con le più attuali acquisizioni nel campo della neurobiologia vegetale, dell’ecologia, della psicologia ambientale ed architettonica e delle neuroscienze ambientali. Intanto cerchiamo di dipingere le pareti con latte di calce e di rendere i nostri studi di psicoterapia dei giardini ricchi di piante, specie quelle che depurano l’aria, non guardiamo solo al design ma anche all’ergonomia ed al riciclo e là dove è possibile, ristrutturiamo i nostri luoghi di lavoro avvalendoci di una visione orientata all’empatia degli spazi. Quando osserviamo una stanza il nostro cervello simula a livello neuronale i movimenti e le azioni che quegli spazi evocano.  

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