Diritti umani
28.05.2021 - 08:33
Il 28 maggio si celebra in tutto il mondo la giornata del diritto al gioco ed in Italia, a Pisa, è stato organizzato da Ainsped (associazione internazionale pedagogisti educatori) un pomeriggio con il patrocino del Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Toscana Camilla Bianchi ed il Comune della città. Le parole del Garante: ““Il gioco - ha sottolineato il Garante per l’Infanzia e l’adolescenza Camilla Bianchi - è stato riconosciuto come vero e proprio diritto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, nella Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, emanata il 20 novembre 1989 a New York. L’evidenza scientifica mostra come il gioco promosso fin dalla primissima età sia essenziale per lo sviluppo delle competenze emotive, cognitive, intellettuali, psicologiche, sociali e motorie di ogni infante con effetti positivi sulla costruzione della sua personalità e del suo benessere fisico e mentale”. E ancora, ha aggiunto: “Il gioco, infatti, lo sviluppo della creatività, del pensiero astratto, del linguaggio e dell’autoregolazione e favorisce, altresì, l’interazione tra pari nonché l’inclusione sociale. E’ necessaria pertanto una maggiore considerazione dell’importanza del gioco sia da parte della famiglia, della scuola che delle istituzioni. Il diritto al gioco per le bambine ed i bambini, deve essere garantito sempre di più ed in maniera sostanziale sia all’interno del sistema scolastico, sia durante il tempo libero anche attraverso l’effettiva accessibilità di spazi e servizi per tutti, anche per quelle bambine e bambini con particolari difficoltà motorie o disabilità. Il gioco è un diritto di tutti, è dovere di ogni adulto garantirlo”. Perché giocare è così importante nello sviluppo del bambino? Il gioco rappresenta una transazione tra il bambino e il suo ambiente: un’attività esperienziale attraverso cui i bambini esplorano e imparano a navigare nel mondo intorno a loro in un processo graduale di conoscenza e relazione. Esso consente al bambino di sperimentare ed elaborare attivamente la rappresentazione della realtà esterna, di entrare a contatto con sé stesso, il suo ambiente ed il contesto sociale circostante iniziando a consolidare le prime forme di autocontrollo e di interazione sociale. Inoltre, il gioco spinge naturalmente allo sviluppo individuale delle emozioni in quanto in tale circostanza i fanciulli imparano ad esprimere, regolare e gestire lo stato emotivo in una dimensione di sperimentazione creativa. Schiller afferma che “L’uomo è pienamente tale solo quando gioca”: solo giocando, infatti, l’individuo riesce a liberare la propria mente dai condizionamenti esterni dando spazio ai fattori interni e vivendoli ed elaborandoli appieno. Le principali caratteristiche che rendono il gioco così importante per lo sviluppo del bambino risiedono principalmente nella finzione per l’utilizzo dell’immaginazione, il divertimento che da spazio alla creatività, l’esplorazione, l’opportunità di apprendimento favorendo lo sviluppo e l’esercizio di nuove competenze socio affettive e comportamentali, la scoperta. Cos’, giocare stimola la memoria, il linguaggio, l’attenzione, la concentrazione, favorisce lo sviluppo di schemi percettivi e la capacità di confrontarsi e relazionarsi. Dal 1940 sono stati numerosissimi gli studi di psicologia infantile che hanno sottolineato la rilevanza del rapporto tra gioco e sviluppo del bambino sin dai primi mesi di vita. Jean Piaget spiega che: “esplorando, manipolando e sperimentando, inizialmente il suo corpo e successivamente gli oggetti, il bambino impara a coordinare azioni e percezioni, comprendendone le prime connessioni causali. Mettendo in correlazione lo sviluppo del gioco con quello mentale, afferma che il gioco è lo strumento primario per lo studio del processo cognitivo del bambino e che esso rappresenta la più spontanea abitudine del pensiero infantile”. Molteplici le possibilità di gioco, i ruoli e le attività, ed infiniti i significati attribuiti ad essi. Le varie modalità di gioco sono legate allo sviluppo emotivo del bambino e vanno modificandosi con la crescita e per questo solo rilevatrici del suo equilibrio psichico. Se fino ad 1 anno di età la prima fase di gioco coinvolge le sensazioni del bambino verso sé stesso, dai 2 anni inizia a prendere coscienza della separazione dalla madre e le conseguenti ansie abbandoniche. Nei 3 anni si sviluppano i primi giochi di socializzazione, tra i 4-5 prendono vita le dinamiche interne che il bambino vive e tra i 6-10, nell’età della fanciullezza si concretizzano regole e norme che permettono non solo la sperimentazione dell’altro ma il buon funzionamento del gioco. E’ lapalissiano il ruolo simbolico a specchio che riproduce il gioco: ha la capacità di riflettere l’interno in un esterno “protetto” che è la realtà immaginaria e che viene a crearsi giocando, in cui ogni cosa possiede un profondo significato ed una base di sviluppo di potenziali capacità. Fondamentale il ruolo dell’adulto non solo nell’accompagnare le fasi di gioco-sviluppo del bambino entrando in relazione per la costruzione del primo legame di intimità, ma anche per l’educazione al gioco individuale ed il saper fare da sé. In conclusione, secondo il terapista O. Fred Donaldson un bambino a cui è stato permesso di sviluppare le risorse derivanti dal gioco, beneficerà di molti vantaggi duraturi nel tempo a livello sociale, fisico, cognitivo, emotivo e comportamentale.
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