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«È il momento decisivo»: ormai il disco di Speranza si è bloccato

L'ennesima sviolinata sull'importanza del Sistema Sanitario Nazionale, invece, non si traduce puntualmente in azioni concrete: dal 118 ai medici di base abbondano gli appelli al ministro della Salute affinchè ponga in essere azioni concrete

«È il momento decisivo»: ormai il disco di Speranza si è bloccato

Roberto Speranza

«Viviamo oggi un momento decisivo, in cui siamo pienamente dentro la lotta al Covid, come ci dicono i numeri che arrivano da tutti i Paesi europei e anche l'innalzamento dei numeri nel nostro Paese». A dirlo il ministro della Salute, Roberto Speranza al margine di una conferenza stampa a Roma. Il ministro ha poi proseguito ponendo al centro l’importante del Sistema Sanitario Nazionale: «Il Servizio sanitario nazionale è davvero la pietra più preziosa che abbiamo e su cui dobbiamo mettere tutte le energie di cui disponiamo. E la mia opinione è che ogni ripartenza del Paese passa dal rafforzamento del SSN. Nei prossimi mesi la nostra sfida deve essere quella di migliorare quest’aspetto». L'attenzione del ministro verso il sistema sanitario nazionale non si traduce, però, in alcuna azione concreta.

Lo scorso 9 novembre a bacchettare il ministro era stato Mario Balzanelli, presidente nazionale della Società Italiana Sistema 118: «Se si trovano le risorse per destinare 90 milioni di euro per incentivare medici, infermieri e Oss del Pronto Soccorso, pienamente meritati, si trovino, nello stesso tempo, e nello stesso provvedimento legislativo, i fondi per il pari incentivo a medici, infermieri ed autisti-soccorritori del Sistema di Emergenza Territoriale 118 nazionale. Auspico che il ministro Speranza includa il Sistema di Emergenza Territoriale 118 tra i soggetti istituzionali beneficiari di una incentivazione economica del personale». Il presidente nazionale della Società Italiana Sistema 118, Mario Balzanelli, non usava mezzi termini sulla decisione di allocare 90 milioni di euro per l’incremento stipendiale del personale medico, infermieristico ed Oss del Pronto Soccorso finalizzato ad evitare la desertificazione del servizio. «La prima linea del Sistema dell’Emergenza Sanitaria nazionale – sottolineava Balzanelli – è, istituzionalmente e in concreto, rappresentata per tutte le più emergenze medico-chirurgiche dal 118 e non dal Pronto Soccorso. Riconoscere la necessità strutturale di supportare la prima linea, che nei vari territori regionali cade visibilmente a pezzi, smantellata e depotenziata negli ultimi 20 anni, deve significare rendere merito a tutti gli operatori del Sistema 118, tutti e nessuno escluso, medici, infermieri ed autisti-soccorritori». Balzanelli ricordava che il 118 è l’unico sistema istituzionale tempo-dipendente dello Stato: «Viviamo con il cronometro nella mente e nel cuore, ci precipitiamo a salvare vite umane nei contesti operativi più ostili e rischiosi di giorno e di notte, festivi e superfestivi, scendendo dirupi, correndo sotto la pioggia, andando a sdraiarci sotto macchine ribaltate. Entriamo nelle case di 60 milioni di persone, nelle case di tutti gli italiani, subiamo maltrattamenti, aggressioni, lesioni fisiche e morali, minacce a volta. Più di tutto, noi del Sistema 118, salviamo, ogni santo giorno, innumerevoli vite umane, adulti, bambini, neonati, anziani, vittime di malori o di traumi improvvisi. E lo facciamo in nome e per conto dello Stato. Abbiamo affrontato, sempre noi della prima linea, e questo la cittadinanza nazionale lo sa molto bene, la tragedia della pandemia da COVID-19, andando allo scoperto, ieri come oggi, a soccorrere i pazienti che non respiravano, sempre e comunque, a volte anche privi dei dispositivi di protezione individuali idonei, con le buste dell’immondizia ai piedi, stabilizzando crisi respiratorie gravissime, stando a diretto contatto con i pazienti COVID, a strettissimo contatto, nel vano sanitario assai ristretto delle nostre ambulanze, rimanendo ad assistere i pazienti anche, lunghissimi, estenuanti, drammatici, giorni interi a bordo delle nostre ambulanze impilate in fila indiana davanti agli ospedali in attesa della presa in carico da parte dei colleghi delle unità operative ospedaliere. Il 118 nazionale vede, ormai, i medici abbandonare in massa il servizio, e i mezzi di soccorso sempre più insufficienti rispetto alle crescenti necessità del servizio. Tutto questo, prima che gli operatori, lo pagano i cittadini, sulla propria pelle. Non siamo i figli di un dio minore e non siamo secondi a nessuno – concludeva Balzanelli – chiediamo e pretendiamo rispetto dalle istituzioni, a partire dal governo, conclude Balzanelli, perché non abbiamo elemosine da chiedere e nessuno ci sta facendo un favore dato che, ricordo, siamo anche noi servitori dello Stato e non i fantasmi eccellenti della Sanità nazionale. Se noi scendessimo, tutti insieme, in piazza, si fermerebbe all’istante la Sanità per acuti del Paese».

È dello scorso lunedì, invece, l'ennesimo appello relativo alla medicina del territorio: «La carenza di medici di base è un problema diffuso a macchia d'olio in tutto il Paese ma che in montagna diventa ancora più allarmante». E' quanto rimarcava l'Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) in un appello al ministro della Salute Roberto Speranza: «I sindaci italiani sono preoccupati per la costante mancanza, in crescita, di medici di base. È da tre anni che Uncem lo ripete. Ieri l'ho nuovamente scritto al ministro. Riceviamo ogni giorno segnalazioni di fortissime difficoltà da parte di molti sindaci di comuni alpini, appenninici, delle isole. Non si trovano medici di base che vogliano mantenere aperti studi nei piccoli comuni montani. E questo genera particolare apprensione nei sindaci» afferma il presidente nazionale Uncem Marco Bussone. «Mentre le Regioni stanno definendo come realizzare case della salute, anche finanziate dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, il rischio è la mancanza di medici e di personale - evidenziava Bussone - Le case della salute, tradizionalmente collocate nei fondovalle, nei comuni più grandi, non dovranno comunque limitare la presenza e la disponibilità di personale medico negli studi dei comuni montani. È complesso e impegnativo contemperare le necessità, ma è comunque urgente».

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