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Analisi

Sotto copertura o della vita sceneggiata, e già vista, di Matteo Messina Denaro

Sotto copertura o della vita sceneggiata, e già vista, di Matteo Messina Denaro

"Sotto copertura” è una serie televisiva italiana prodotta da Lux Vide e andata in onda, in prima visione, e in prima serata, su Rai 1, il 2 novembre 2015. La serie, composta da dieci episodi per un totale di due stagioni, racconta della cattura di Antonio Iovine, e poi di quella di Michele Zagaria, a opera di Vittorio Pisani e della sua squadra, una serie che non fa apologia criminale, come accade ormai da anni con i vari Gomorra, ma che riesce a rappresentare la ferocia, e anche la difficoltà di vivere, in una realtà in cui il crimine organizzato decide in che modo devono respirare, e morire le persone. È dunque una serie in presa diretta che non accresce la mitologia criminale ma se mai ne mette in luce la stupida crudeltà, il vuoto in cui è immersa la vita di chi delinque.
Poiché i criminali non possono essere accettati se non dai loro simili, allora serve a costoro utilizzare le proiezioni che di loro danno i libri e il cinema.
È un fatto ormai molto più che noto, tanto più che essendo i criminali figli di una sottocultura, devono per forza agganciarsi al mondo degli altri per rappresentarsi in maniera accettabile e vincente, e il mondo in cui viviamo è assolutamente sovrabbondante di tutto ciò.
E così di fronte all’arresto e alla narrazione della vita di MMD la prima cosa che mi è venuta in mente è stata proprio “Sotto copertura”, per l'aderenza della sua storia a quella dei criminali narrati dalla serie, e per la necessità di non stare dietro alla storia di un uomo che esce dalla TV come una figura assolutamente inconsistente, ma che proprio per questa ragione cerca una legittimazione nella realtà, legittimazione impossibile e quindi la narrazione della vita di un altro, uguale a lui lo rende inoffensivo e marginale, un fatto che in queste circostanze dovrebbe essere la regola.
La ferocia con cui MMD è stato svezzato al crimine dal padre, e per cui si è sempre contraddistinto, è un fardello pesantissimo, da qui il suo sforzo di rappresentarsi potente anche attraverso i beni di lusso, come altri boss prima di lui hanno fatto, ma in maniera molto più decisa e consapevole.
Eppure nonostante questo sforzo, economico e di immagine, è impossibile riuscire a vederlo come un essere senziente e reale, non c'è niente che lo attesti. Non il Frank Muller al polso( a chi passerebbe per la testa di andare a fare una chemio con un Franck Muller), non il montone di Cucinelli ( con tutto il rispetto per Cucinelli, il suo montone addosso al signore in questione fa pensare agli anni ’80, al rampantismo e alla voglia di vivere al massimo, cose che in questo caso danno però la misura dell'impossibilità del signore in questione di farsi presente), non la gentilezza esibita ed estrema, meno che mai il suo essere un impenitente Don Giovanni.
Il Viagra, i preservativi, il calendario con le pin-up, il tapis roulant sono segni di decadenza e di una feroce solitudine, tutte cose che sono spalmate anche all'esterno della sua vita, e infatti il vero problema, poi, in queste situazioni, è che questi personaggi per fare finta di vivere prendono in ostaggio centinaia di persone, con l'illusione di essere delle star.
Per queste ragioni, e per tutte le domande che aspettano ancora risposta, l'epilogo di questa storia è lontano, anche se si tratta di una storia di criminalità ordinaria, e questo basterebbe per non continuare ad osservarla, non ne caveremo niente di nuovo e nemmeno di buono.
Piuttosto questa storia ci dice, ancora una volta, che i criminali sono funzionali al sistema, tanto da essere facilmente assimilabili tra loro, e da potere vivere e agire indisturbati. Eppure c'è una cosa che salta all'occhio, e che probabilmente rimarrà fino all'ultimo il più grosso tarlo del nostro personaggio, l'impossibilità per un criminale di potere fare una vera scalata sociale, e cioè di potere avere per davvero la stessa vita dei fiancheggiatori, e dei professionisti collusi che frequenta, e che pensa siano cosa sua.
Non basta acquistare l'identità di un altro, non basta acquistarne i beni, non basta nemmeno riuscire a farsi amare da un altro essere umano, semplicemente perché nella vita ognuno ha la sua parte assegnata, e solo quella può recitare, a dispetto dei soldi e del potere, tutte cose che si possono possedere, ma l'identità di ognuno è iscritta nel patrimonio genetico e quello non si cambia, o meglio non si cambia rispettando il patrimonio genetico fino in fondo.
Per modificare davvero la propria vita serve la presa d'atto della propria unicità e una sana ribellione, perché se bastassero il crimine e il potere il mondo girerebbe diversamente.
E quindi alla fine scegliere, o creare le condizioni per scegliere il carcere come luogo definitivo in cui vivere, è necessario per un criminale. Un criminale sa di essere solo, meglio e peggio di chiunque altro. In fin dei conti da malato e da criminale laureato il carcere rappresenta il posto migliore in cui avere qualcuno che se ne prenda cura, senza che il delinquente debba barare continuamente con se stesso, e senza che debba illudersi di essere amato e rispettato .
Per queste ragioni servirebbe buttare a questo punto la chiave di questa cella, cosa altro ci potrebbe ancora raccontare un uomo tal fatto che già non sappiamo? Di che mondo ci dovrebbe parlare, visto che è talmente invisibile da dovere recitare le vite degli altri? E poi se proprio avete bisogno di un ripasso basta andarsi a riguardare “Sotto copertura”, senza nemmeno perdere tempo a indignarsi, in fondo il male è eternamente uguale a sé, se così non fosse non esisterebbero i criminali, gli unici essere umani che per vivere devono stare tutto il tempo a recitare senza un attimo di tregua.
La ragione per cui muoiono sempre troppo presto per loro, ma sempre troppo tardi per gli altri.

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