I libri che liberano le tue emozioni

Analisi

Sub Rosa Dicta: cosa ci racconta l'indagine sulle toghe di Trani

Sub Rosa Dicta: cosa ci racconta l'indagine sulle toghe di Trani

L’indagine “Sub Rosa Dicta” ha consentito d’individuare un’associazione per delinquere finalizzata
a delitti contro la pubblica amministrazione, erano coinvolti tre magistrati nel periodo in cui hanno
prestato servizio presso la sede giudiziaria di Trani. “Si tratta nella specie di Antonio Savasta – che
ha reso in sede di incidente probatorio dichiarazioni auto ed etero accusatorie – Michele Nardi e
Luigi Scimè, all’epoca dei fatti rispettivamente sostituto procuratore il primo, giudice per le
indagini preliminari il secondo e sostituto procuratore della repubblica, poi trasferito alla procura di
Salerno, il terzo. Nell’indagine risultano coinvolti anche diversi imprenditori, avvocati dei fori di
Trani e di Bari, nonché appartenenti alle forze dell’ordine.
Il processo si è concluso con la condanna degli imputati, alcuni dei quali hanno scelto il rito
abbreviato, e con la confisca per circa 2 milioni di euro. Quanto ai rapporti con la massoneria
deviata, pur essendo stati questi oggetto di contestazione specifica, dalle indagini sono emersi non
solo rapporti tra Michele Nardi e soggetti riconducibili alla massoneria, ma la stessa appartenenza
del magistrato a quest’ultima”.
Nardi si vantava, in alcune intercettazioni del 2016, di prodigarsi “in stile ‘ndrangheta” per reperire
i contatti volti ad avvicinare un giudice. «I contatti cui fa riferimento e che vengono ricostruiti dalle
intercettazioni sono quelli tra l’avvocato e un imprenditore della provincia di Barletta-Andria-Trani.
In particolare, quest’ultimo, che nel corso delle conversazioni monitorate è chiamato “presidente”,
risulta da fonti aperte essere Maestro Venerabile della loggia G.O.I. “Bensalem 1803” all’Oriente di
Trani. Il “presidente” massone suggerisce al citato avvocato di Bisceglie di rivolgersi ad un altro
imprenditore della medesima provincia. Dalle conversazioni tra i due, che si indicano
reciprocamente come “fratelli”, si comprende come il tramite per avvicinare il giudice fosse un
avvocato penalista del foro di Catanzaro, anch’egli definito “fratello” dagli interlocutori».
I fratelli massoni si riconoscono per via di gesti conosciuti solo tra di loro, per telefono è difficile
avere conferme. «Sempre nell’ambito della vicenda appena ricostruita, dalle intercettazioni è pure
emerso che l’avvocato biscegliese abbia chiesto esplicita conferma in ordine all’appartenenza alla
massoneria del penalista di Catanzaro, ricevendone risposta affermativa in ragione delle
assicurazioni ricevute dal “presidente” ovvero dal Maestro venerabile della loggia Bensalem del
Grande Oriente d’Italia.
Risulta, poi, dal complesso dell’attività di indagine che il professionista di Bisceglie abbia cercato
contati per risolvere il problema di Michele Nardi, utilizzando sempre la comune appartenenza
massonica, anche nell’area messinese».
Nel corso del processo sue testimoni a favore dell’imputato, anch’essi massoni, hanno rinunciato a
testimoniare, afferma la dottoressa Roberta Licci, sostituto procuratore della Repubblica di Lecce,
titolare dell’indagine “Sub Rosa Dicta”.
«A completamento dell’audizione, la dottoressa Licci ha fatto altresì riferimento ad alcuni
procedimenti, risalenti al 2012 ed in particolare ad uno della procura di Bari riguardante
un’indagine di criminalità organizzata ed un altro della procura di Lecce, in materia di reati contro
la pubblica amministrazione, relativo all’appalto concernente il servizio filobus del capoluogo
salentino, dell’importo di circa 22 milioni di euro.
In entrambe le indagini sono emersi collegamenti con “logge deviate”, così definite perché i
soggetti coinvolti sono risultati non formalmente iscritti a logge massoniche, ma di fatto operanti in
contesti di tale natura».
Quando un massone sfrutta la notorietà della propria loggia per il proprio tornaconto, dèvia non
solo dai valori massonici, ma sovente anche dalla legalità. Il Gran Maestro Di Bernardo ha di
recente inviato una sua lettera a tutte le Logge d’Italia, in cui si legge: “le circostanze mi hanno portato a riprendere pubblica posizione, stavolta su quanto di abnorme – moralmente e
istituzionalmente – sta avvenendo al Vertice del Grande Oriente d’Italia, in sconvolgente e
drammatico parallelismo con quanto mi occorse denunciare, purtroppo inutilmente, trent’anni
orsono”. Di Bernardo si sente legittimato a tanto perché è stato Gran Maestro della Massoneria
italiana per ben due volte, e perché essere un massone è per lui un “servizio”. La sua denuncia non
si riferisce alle infiltrazioni criminali nelle logge, «quanto all’approccio riservato a questi fatti dal
Vertice nazionale. In secondo luogo, ancora, la mia contestazione va all’utilizzo abnorme, cioè
personalistico e iniquo, dello strumento della “giustizia massonica”».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Castello Edizioni e Il Mattino di Foggia

Caratteri rimanenti: 400

edizione digitale

Insert these parameters on configuration: newsstand_link, newsstand_title

Il nostro network