Cultura
27.07.2023 - 16:25
Non abbiamo ancora parlato di com'era la società di allora.
La società di allora era come l’ho descritta nelle Ambizioni sbagliate; l'unica cosa che si vede veramente in quel romanzo è una società ambiziosa, ignorante e bovaristica, ancora legata ai pregiudizi della borghesia di provincia. Era la piccola borghesia di un paese povero, poverissimo, che da secoli moriva di fame. Salvo naturalmente quella che oggi si chiama “gente bene"»
Il pezzo è tratto da “Vita di Moravia” di Moravia - Elkann, la lunga intervista che Alain Elkann fece ad Alberto Moravia e che è uno dei documenti più importanti per comprendere, pienamente, l'opera dello scrittore, che per primo in Italia abbracciò l’esistenzialismo, ma il pezzo proposto spiega anche il taglio scelto da Elkann per narrare quel viaggio in treno che ha scosso le coscienze dei lettori contemporanei. In fondo i lanzichenecchi da lui descritti sono l'evoluzione dei personaggi di Moravia, perché quella società ambiziosa, ignorante e bovaristica oggi è ancora intatta, e attorno a essa si coagula il resto che è distratto e di niente.
Questo libro che rappresenta da un punto di vista letterario un’esperienza isolata nel panorama culturale italiano è sì il compendio critico e analitico di Moravia scrittore, ma è anche la presa d'atto dell’Elkann giornalista e scrittore che riconosce come suo il mondo di chi sta ascoltando, al punto che le due voci si fondono così da dare luogo a un'opera narrativa piuttosto importante e tutt'altro che banale.
E solo per questo Elkann ha diritto di scrivere, malgrado la sua insofferenza, un fatto che la stessa figlia, Ginevra, ha documentato nel film di cui è regista e dal titolo “Magari", film in cui descrive sé, i suoi fratelli e i suoi genitori, mostrando soprattutto indulgenza nei confronti di questo padre molle e perennemente fuori contesto.
Se si fosse tenuto conto di ciò non ci sarebbe stata nessuna levata di scudi, in fondo Elkann esprime il suo mondo quasi come se fosse Moravia (sic!) ma chi legge più Moravia in Italia?
Alberto Moravia lo strafottente dandy letterato
« I miei romanzi sono tappe di una mia autobiografia intellettuale e l'ideologia che li sorregge è quella della rivolta. Il romanzo non ha altro scopo che quello di descrivere la società, e la società esiste da sempre perché l'uomo è un animale sociale. Il romanzo non è finito, semmai sono i romanzieri in ritardo, perché non hanno capito che gli schemi della narrativa ottocentesca non si possono applicare al mondo moderno »
Chi ha pronunciato queste parole, un autore contemporaneo fuori dal coro?
E sì è un autore fuori dal coro ad avere pronunciato queste parole, ma è un autore defunto da trentatre anni, il suo nome è Alberto Moravia.
Alberto Moravia è un caso particolare per il sistema letterario italiano, per il suo essere borghese e contro, integrato e fuori dal coro, al punto che la sua opera, appena morto, è entrata nel dimenticatoio, come è accaduto a pochissimi altri autori noti, non quanto lui.
Il perché questo sia accaduto è legato proprio a ciò che Moravia è stato da vivo: uno strafottente dandy letterato, uno che a ottant'anni rivendicava il diritto di innamorarsi ancora, e di sposare una donna più giovane di lui, di molto, attirandosi le ire di chiunque, soprattutto perché Moravia in virtù di quello che scriveva, anche un dialogo tra lui e il suo organo sessuale, passava per un pornografo.
Il 27 luglio 1929 veniva pubblicato «Gli indifferenti» un romanzo che lo fece diventare uno degli autori italiani più importanti. Moravia era riuscito a ricreare attraverso le pagine del libro le atmosfere di una società borghese primo novecentesca ipocrita e falsa, che viveva esclusivamente attraverso la menzogna, e di cui ben documenta la scrittura proprio nel libro scritto con Elkann.
Perché lo fece?
Perché Moravia era un autore dentro la realtà, e sapeva che la menzogna permeava ogni cosa, una menzogna che combatteva con un'intensa vita di relazioni, vere, e un'attività di scrittura piuttosto varia e disciplinata.
Scriveva di tutto Moravia, e se qualcosa di lui è sfuggito ai più basta andarlo a ritrovare non solo tra le pagine dei suoi libri, ma anche tra le pagine dei quotidiani con cui collaborava proprio per capire cosa sia stato.
Proverbiale era la sua capacità di andare a cinema, dormire per tutto il tempo e scrivere poi dei film senza sbagliare un colpo (per l’Espresso curava una rubrica in cui recensiva per l'appunto i film).
Come mai era possibile? Era possibile perché Moravia viveva, anzi sceglieva di vivere per come era, e questo non faceva che alimentare la qualità della sua scrittura, una qualità che proprio nei reportage di viaggi, pubblicati questi dal Corsera, trovavano la sua cifra narrativa più alta.
Erano viaggi dove anche il fatto che Moravia non fosse solo ma fosse accompagnato dai suoi amici più cari, Pasolini su tutti, davano a questi viaggi un rilievo e un'importanza differenti.
Moravia aveva accettato la morte del romanzo ottocentesco, e riscriveva la realtà, quella quotidiana e minuta, come se fosse quello il suo romanzo più sincero.
Intercettare questo suo filone narrativo e ricostruire questa complessità compatta di scrittura risulta difficile, perché servirebbe partire proprio dai giornali per ricompattare l'operato di Moravia.
Solo così si capirebbe che tipo di operazione abbia fatto con il romanzo, come con lui il romanzo sia diventato la lente di ingrandimento della realtà, che si trattasse di guerra, vedi La Ciociara, o di ritratti di borghesia dall'interno. Ritratti che restituivano l'odore di stantio di una classe sociale, che non era riuscita a fare i conti conil fascismo e con la propria mancanza di nerbo.
Da qui l’urticante noia dei suoi libri, una noia urticante che era sua ma che lui rigettava facendosi ritrarre in poltrona comodamente insediato.
Un fatto anche questo che poteva infastidire. Un borghese che fa le pulci a sé stesso ed è anche famoso, non può continuare a parlare attraverso le proprie opere anche da morto.
Ma più di tutto chi avrebbe oggi la forza di rilanciare per aria Moravia e i suoi libri?
Elkann è l'unico che potrebbe farlo proprio perché il suo essere distante e lontanissimo dalle masse lo fa entrare e uscire da qualsiasi mondo voglia, anche se la cosa non gli garba moltissimo, è il caso di sottolinearlo, che poi lo faccia vestito in lino e un po’ sgualcito anche questo fa parte del côté letterario, e però per farlo dovrebbe riflettere su quanto gli disse Moravia nel libro intervista e cioè che: “Una vita vale l'altra perché in fondo son tutte sbagliate”.
Una frase fulminante per chiunque non solo per Elkann.
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