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Reportage/8

Viaggio lungo le coste della Campania e della Grande Lucania e del loro sogno del mare d'inverno. Le isole della Campania: Procida

Viaggio lungo le coste della Campania e della Grande Lucania e del loro sogno del mare d'inverno. Le isole della Campania: Procida

Le isole della Campania

Il mare visto da qualsiasi cartina in Campania è l'elemento più importante o meglio l'acqua in Campania è l'elemento che allinea mondi, attraversa paesi, ingloba pezzi di terra. È con l'acqua che gli abitanti devono fare i conti, malgrado i campani non l'abbiano mai messo a fuoco, conti che sono particolarmente onerosi per gli abitanti delle isole perché sono conti sempre in perdita perché gli isolani vogliono farsi città.
Il mito della città, mito di un'Italia che voleva togliersi la puzza della fame e che vedeva nella città la possibilità di poterlo fare, città che avrebbe distribuito in eguale misura diritti e doveri, è stato talmente potente da avere allontanato il mare, divenuto cartolina, non solo da chi il mare lo vedeva da lontano e dal suo altrove, ma anche da chi il mare lo aveva da presso come nel caso degli abitanti delle isole.
Di questo cortocircuito esistenziale le isole della Campania sono l'espressione più concreta e visibile, anche esse come il mare che tratteggia la costa sono a doppio binario: un binario che soddisfa le esigenze del turismo di massa (turismo di massa che ha fatto crescere a dismisura le cubature, a discapito di tutta l'economia locale) e un binario che guarda a un turismo d'élite, più difficile da intercettare ma che garantisce entrate e la creazione di strutture ricettive più professionali.
Sono quindi ancora una volta i frequentatori dei luoghi e nello specifico delle isole a determinare la velocità dell’isola stessa, quella velocità che se opportunamente intercettata dagli isolani darebbe al tutto un altro andamento, ma come sempre chi ha voglia di fare analisi di questo tipo in Italia?

Procida

Procida, l’isola di Arturo, è stata capitale della Cultura nel 2022. Un fatto positivo perché nessun luogo come le isole riesce ad attrarre un’umanità varia tale da contaminarla, ma era Procida pronta per un impegno sì fatto?

Elsa Morante e l'isola che non c'è

Procida, probabilmente, senza Elsa Morante e il suo “realismo magico”, mai sarebbe diventata, nell’immaginario collettivo, l'isola che al suo interno racchiude “la cultura”, al punto da essere il realismo magico dell’autrice la cifra con cui si guarda all'isola stessa, da lei in poi. È però questo un punto di vista illusorio, anche se la Morante, aderendo alla letteratura neorealistica del dopoguerra, attinse alla realtà senza farne mistero. L'isola di Procida, il mare, le case, le botteghe del porto, la «Casa dei guaglioni», il penitenziario, e tutti i personaggi che nell’Isola d’Arturo sono presenti, sono descritti e sono rappresentati in maniera minuziosa in quanto reali, anche se è una realtà stemperata e trasfigurata dallo sguardo dell'autrice, però è uno sguardo così potente da avere modellato Procida stessa.
In conseguenza di ciò Procida è rimasta arroccata, protetta, almeno in apparenza, grazie alla Letteratura, tanto da essere evidente, anche dal vivo, come il romanzo l’abbia incelofanata, insieme alle sue case di pescatori, alla sua spiaggia più famosa, la Corricella - il Borgo seicentesco, il più antico di Procida con un'architettura particolare, un intreccio di archi, varchi, logge, finestre, gradinate, un luogo che è  possibile raggiungere solo via mare o attraverso quattro grandi gradinate - il Carcere, quello che fu palazzo d'Avalos e che la Morante descrisse così: « La cittadella del Penitenziario mi sembrava una specie di feudo lugubre e sacro: dunque vietato; e non ricordo mai, per tutta la mia infanzia e fanciullezza di esservi entrato da solo. Certe volte, quasi affascinato, iniziavo la salita che conduce lassù, e poi, appena vedevo apparire quelle porte fuggivo ». Se tutto questo concorre a trasfigurare Procida, l’ isolotto di Vivara continua a rammentare come al contrario Procida sia solo un lembo di terra in mezzo al mare, e che la Letteratura poco c’entri con la sua identità, visto che la Letteratura ne ha cristallizzato l'essenza, un’essenza più evanescente e meno pervicace della realtà stessa ma potentissima, grazie alla parola scritta.
Su questo equivoco, equivoco che è un abile gioco di trasfigurazione del reale, Procida si è giocata tutto, ha fatto una scommessa (e in quanto scommessa totalmente azzardata) come Capitale della Cultura.
E quindi anche Procida risente della difficoltà di essere altro da sé, e cioè di essere terra e mare, in maniera più critica, per certi versi, date le sue dimensioni ridotte, dimensioni che d’estate sono un vero e proprio calvario per chi normalmente vi ci risiede e ci vive.

Gemellaggi reali

Eppure Procida non vive per sé, è infatti legatissima a Ischia, sia perché i traghetti di linea che fanno rotta a Ischia passano prima per Procida, sia perché il Navale, la scuola dei pescatori che vogliono attraversare il mare da diplomati, si trova a Procida ed è frequentato dagli ischitani.
Allo stesso modo non è strano che gli ischitani si spostino a Procida le sere d'estate quando hanno voglia di evadere.
Ma Procida non ha né le cubature, né gli spazi di Ischia, ma il richiamo di Elsa Morante e del suo libro sono un sortilegio che pervade chi anche per snobismo desidera visitare l’isola, come se l'incantesimo e il sortilegio della Morante la mettessero su un piedistallo e la rendessero migliore.
Tutte queste suggestioni poderose sono più forti pure della violenza del mare, mare che non risparmia Procida, come non risparmia le altre isole, e nessun luogo toccato da esso.
È così anche a Procida i costoni cadono a pezzi, portandosi appresso la difficoltà di vivere in questa grande bolla della vacanza perenne, bolla in cui le isole sono calate con una strategia molto più che studiata.
Appare, alla luce di tutto questo, il fatto che Procida sia stata designata capitale della Cultura come una sorta di "risarcimento", un "risarcimento" allo stesso modo in cui lo è stato per Matera, solo che Matera e la Lucania tutta godevano di pessima fama, a differenza di Procida, una pessima fama non assolutamente suffragata dalla realtà, diversamente i Sassi non sarebbero diventati un’attrazione mondiale, tale da tirarsi dietro un'economia regionale in costante crescita per l'esistenza di un paesaggio mediterraneo con odori e colori struggenti, malgrado l'inquinamento prodotto dell'estrazione del petrolio.
Ma a Procida tutto questo non c'è, e possono bastare i soldi, che sono caduti a pioggia sull'isola, per farla uscire dalle pagine della Morante, farla procedere a spasso spedito verso la modernità, una modernità che non guarda al mare, ma sempre e solo alla terraferma, e quindi sempre e solo alla Morante e mai a se stessa?
C'è poi da sottolineare un'altra cosa, e cioè che se Matera si è davvero servita ed ha usato, in maniera intelligente, l'onda lunga del suo essere stata, nel 2019, Capitale della Cultura lo stesso non può dirsi di Procida.
Ha ancora senso credere a questo punto a una Lucania suddita del Meridione e dell'Italia tutta?

( 8- continua )

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