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Analisi

Elisa Claps, «dov'è la Chiesa?». Le urla del tuo spirito nessuno le ha volute ascoltare, Elisa, e a noi piange il cuore

Dopo aver seguito la serie tv della RAI sulla nostra Elisa Claps, non senza qualche lacrima, ti vengono non una domanda, ma tante. La prima è: Dov’è la chiesa? E allora seguono tante risposte e riflessioni.

I sandali di Elisa davanti alla chiesa della Trinità di Potenza: l'iniziativa del regista Ulderico Pesce

Quella porta di cui don Mimì Sabia teneva le chiavi andava sfondata, pur di trovare la verità. Si, è troppo facile nascondersi dietro il dito, è troppo facile dire “non siamo tutti uguali”. Che è pure vero, ci mancherebbe, ma la verità deve ancora uscire fuori tutta. Tante cose vanno ancora chiarite. O forse ancora si preferisce il silenzio? Anzi, l’omertà, chiamiamola per nome!

Dopo aver seguito la serie tv della RAI sulla nostra Elisa Claps, non senza qualche lacrima, ti vengono non una domanda, ma tante. La prima è: Dov’è la chiesa? E allora seguono tante risposte e riflessioni. La chiesa è lì dove sei accolto, non giudicato. La chiesa vera non ti giudica, anzi non fa conto dei tuoi errori, qualora tu li abbia compiuti, e aiuta a ritrovarti e a sollevarti. La chiesa è lì dove si cerca la verità, non dove viene nascosto il corpo di un’adolescente per diciassette lunghissimi anni. La chiesa è dove vieni valorizzato, non dove sei infangato perché lotti per trovare tua sorella. Si, perché quando cerchi la verità sei trattato come un pazzo psicopatico borderline, perché il colpevole sei tu che urli, non loro che nascondono e creano una cortina di omertà attorno alle proprie magagne. La magagna è un difetto che altera sgradevolmente la purezza o l’integrità di una cosa, o persona, possiamo dire noi. La chiesa è lì dove sta l’integrità, non dove si torna su un sottotetto per forare travi e tegole favorendo l’uscita dei gas corporei del corpo di Elisa. Si perché il complice, Danilo Restivo, lo aveva e non solo uno. La chiesa è li dove ti si chiede scusa. Una parolina che proprio i prelati della Chiesa cattolica romana non riescono a pronunciare. Si perché invece di chiedere scusa si sono offesi, perché, durante la messa domenicale, Gildo Claps, l’associazione Libera e la maggioranza di Potenza hanno manifestato contro coloro che celebravano nella chiesa dove il corpo della sorella e amica per diciassette anni è stato nascosto. Si perché Libera ha dovuto chiedere scusa per qualche imbecille, non dei loro, che ha sputato all’indirizzo di chi ha preso parte alla funzione. Si, la gerarchia della chiesa romana è cosi. Vuol creare in te il senso di colpa. Ti condanna, ti scomunica, ti porterebbe al patibolo se fossimo nel medioevo, ma non chiede mai scusa. Ha dovuto chiedere scusa l’associazione Libera. Perché i santi sono loro. Perché la giustizia è nelle loro mani. Come si è visto.
Se sacerdoti e vescovi avessero cercato la verità in casa propria, in quei diciassette anni di celebrazioni e catechesi, in quella chiesa che porta il nome della più alta essenza di Dio, i figli di Heater Barnett avrebbero ancora una madre. “Ma don Mimì era geloso custode della propria parrocchia”, ti sentivi dire, prima del ritrovamento del corpo. Certo, senza dubbio, il perché lo avete davanti adesso. Quando qualcuno scriveva sui muri della citta: ”Elisa è nella chiesa della Trinità”, nessuno si è preso la briga di andare a verificare. Silenzio, il metodo della chiesa. Come ti sentivi dire, sempre da coloro che spudoratamente difendevano don Mimì Sabia, che Elisa Claps non fosse così “santerella” come la vogliono far passare e che fosse lei a “stuzzicare” Danilo. Eh si, la chiesa della verità distorta è questa, ma più che una chiesa ha ormai assunto la mentalità e modi di operare di una setta. E della peggiore specie.
Quella porta di cui don Mimì Sabia teneva le chiavi andava sfondata, pur di trovare la verità. Si, è troppo facile nascondersi dietro il dito, è troppo facile dire “non siamo tutti uguali”. Che è pure vero, ci mancherebbe, ma la verità deve ancora uscire fuori tutta. Tante cose vanno ancora chiarite. O forse ancora si preferisce il silenzio? Anzi, l’omertà, chiamiamola per nome!
La verità andava cercata in una delle vostre chiese. Lì c’erano anche gli occhiali e le scarpe della povera adolescente. Mentre nella chiesa sottostante don Mimì Sabia ha ricevuto anche un elogio in una insegna di marmo, per la cura delle anime e la formazione degli adolescenti, mentre una di quelle adolescenti stava li sotto il tetto della propria parrocchia, dovevano aggiungere anche questo sul marmo. Com’è stato possibile una tale arroganza? L’intelligenza umana viene offesa da quel pezzo di marmo. E resterà lì, perché per loro Don Mimì Sabia è il lodevole custode di quella parrocchia. Poi i pazzi sono coloro che urlano “vergona” fuori la chiesa e disturbano la quiete della liturgia domenicale. No, Gesù Cristo non era tra le vostre mani, ma era lì fuori a scacciare i mercanti dal Tempio. Leggetelo tutto il Vangelo, non solo le parti che vi fanno più comodo.
Quante ciocche di capelli ha tagliato il Restivo? Quante ragazze hanno corso il pericolo della Claps e della Barnett, prima che venisse arrestato? E quante non dormono sempre serene, perché nei loro incubi non solo Danilo taglia le loro ciocche, ma quelle forbici le sentono affondare nelle loro spalle? Poi si svegliano e non sanno se sentirsi sollevate, o se provare il senso di colpa perché nel sottotetto della Trinità c’è il corpo di Elisa e non il loro? No, tutto questo non va affrontato col silenzio, tutto questo va a schiantarsi come un macigno contro la vostra omertà e complicità dei tanti. No, il silenzio non serve, perché la verità vi verrebbe urlata contro dalle pietre se si continuasse a stare zitti. E ancora non è finita, perché vanno cercate tante risposte. Per esempio, di chi è il bottone rosso ritrovato nel sottotetto? Per esempio, chi è il complice di Danilo? Si, adesso vi conviene dire che don Mimì Sabia fosse complice! Ma è troppo facile.
Le urla del tuo spirito nessuno le ha volute ascoltare, Elisa, e a noi ci piange il cuore. Per diciassette anni hai fissato le tegole sopra di te leggermente spostate, perché non si sentisse l’odore gradevole del tuo corpo che si rattrappiva. Sei stata parcheggiata lì, in quello squallido sottotetto, il maglione bianco lo hanno fatto diventare nero, mentre conservava il sangue del tuo assassino. Perché tu, più di tutti, più di tuo fratello, della tua famiglia, hai resistito, hai stretto i denti, perché qualcuno prima o poi avrebbe parlato. Sei stata parcheggiata lì sotto, mentre sentivi le celebrazioni dei funerali di altra gente, mentre tu no, non dovevi essere scoperta. Perché tu, e non loro, avresti dato scandalo. Ebbene hai dimostrato che lo scandalo non sei tu, ma tutti coloro che hanno collaborato a nasconderti lì sotto, tutti coloro che invece di chiedere scusa hanno incolpato tuo fratello e i tuoi amici di aver disturbato la loro messa domenicale. Elisa, tu lo sai bene, la Chiesa non sono loro, sei tu e quanti hanno sofferto per la tua scomparsa. La Chiesa non è l’insieme delle pietre di quella che è stata la tua tomba di cemento per diciassette anni, la Chiesa non è fatta neanche degli uomini e delle donne che hanno celebrato in quella tua tomba oscura, la Chiesa sei tu e quanti ti hanno attesa, quanti hanno ascoltato i tuoi pianti e le tue urla da quel sottotetto. Tu, adesso, non sei in quel feretro bianco, lì c’è solo ciò che rimane del tuo corpo dopo diciassette anni in cui ha assorbito piogge e tempeste. Tu sei tra di noi, sorridente, con le braccia al cielo e urli di gioia il tuo canto di vittoria. Si, perché Dio, ci mette u po’ di tempo, ma dà sempre la giusta ricompensa a chi lotta per la verità. Grazie Elisa.

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