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Un anno dal ritorno dei talebani: "l'Italia continua ad aiutare gli afghani", il punto dell'ambasciatore italiano a Kabul

Un anno dopo il ritorno dei talebani a Kabul la situazione per la popolazione afghana è molto preoccupante: oltre il 50 per cento ha necessità di aiuti umanitari, e il 97 per cento si avvicina ormai a essere sotto la soglia di povertà

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immagini da Kabul dello scorso anno

Ma allo stesso tempo il governo de facto non ha fatto alcun tipo di apertura. Anzi, si è assistito a una regressione progressiva riguardo alla negazione dei diritti delle donne, della libertà di espressone. E non si vedono prospettive per un assetto inclusivo delle diverse etnie e minoranze religiose del Paese, con continui episodi di vendette nei confronti di ex appartenenti alla Repubblica". Si registra "una regressione sia sul piano politico che nelle condizioni della popolazione". A fare un quadro della situazione attuale in Afghanistan è, in un'intervista all'ANSA, l'ambasciatore italiano a Kabul, Vittorio Sandalli, che attualmente opera da Doha "grazie alle antenne sul campo, in particolare le ong italiane che sono rimaste meritoriamente sul posto, e a una presenza minima ma stabile dell'Unione europea e a quella dell'Onu". Adesso e nel prossimo futuro "dobbiamo continuare gli sforzi che abbiamo portato avanti nell'ultimo anno, lavorando in due direzioni: da una parte continuando a sostenere la popolazione afghana attraverso gli aiuti umanitari, dall'altra mantenendo la pressione internazionale", insistendo con il regime che "la ripresa dell'istruzione delle ragazze, ad esempio, e il rispetto dei diritti dei cittadini contribuiscono alla stabilità dell'Afghanistan. Così come la partecipazione di minoranze religiose ed etniche ai processi decisionali", spiega l'ambasciatore. Per farlo dobbiamo contare "anche su quei Paesi della regione centro-asiatica e limitrofi che sono i primi a soffrire dell'instabilità del Paese in termini di flussi migratori, minaccia terroristica e traffici illeciti"

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