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15.12.2019 - 11:07
Fatto. Concluso il mio primo mezzo secolo sul Pianeta Terra.
Non sono stata mai bambina, mai adolescente, mai ragazza, mai equilibrata, mai serena. Quasi sempre una voce fuori dal coro. Ma ho sempre pensato che i migliori anni della vita fossero proprio quelli che stavo vivendo, nel momento in cui li stavo vivendo. Anche ora, alle soglie della “donnità”, sono proprio questi i miei migliori anni.
In fondo, mi piaccio nei miei primi 50: sono – ed ho – tutto quello che nemmeno nei miei sogni avrei potuto immaginare. Ho accanto un uomo eccezionale, che oltre ogni confronto, rappresenta per me il punto centrale di riferimento, il cuore pulsante della mia identità, il “miglior affare” della mia vita. Due figli grandiosi, non cambierei una virgola neppure dei loro difetti perché, forse, sono le loro migliori qualità. Un papà, una mamma, una suocera che mi permettono di restare ancora “figlia”. Sorelle, cognati e nipoti che riempiono il mio mondo familiare delle più impensate dolcezze. Amici, vecchi e nuovi, che continuano a volermi bene e a sostenermi nonostante i sempre più difficili momenti di incontro. Ho deciso di non emigrare ed ho la mia terra sotto i piedi, ne osservo quotidianamente la maestosità e la vivo immergendomi dentro. Ho un lavoro che mi piace ogni mattina e che mi permette di intensificare costantemente l’allenamento al problem solving. Ho interessi che inondano di continuo i miei pensieri fino a farli danzare in dissonante armonia. E ho programmi per il futuro, perfettamente strutturati per permettermi di godere del resto…
I 50nni li ho attesi proprio per questo: per potermi guardare indietro, sorridere, commuovermi, perdonarmi, ringraziare e, poi, balzare in avanti in quella che ufficialmente diventa la “seconda parte della mia vita”.
Quella ancora da inventare, in cui arriva qualche ruga, ma nel frattempo ti sei rafforzata. Quella della “curva a gomito”: le sensazioni negative a scendere e il benessere psicologico ad aumentare. Quella del cervello che si modifica, tendendo a “selezionare” sentimenti e priorità con criteri differenti.
Come festeggerò oggi? Non con fuochi d’artificio. No. In programma pranzo di famiglia, per farmi coccolare dalle persone più care, quelle che più di tutte hanno dovuto fare lo sforzo di “accettare” quella che sono.
Regali? Eh, la pubblicazione di questo che si caratterizza per essere il mio sessantesimo articolo e che, forse – forse - grazie alla pazza idea assecondata da un “giornalista connivente” & da un “direttore compiacente” mi consentirà di ammirare una “versione” appagata di me stessa, ben scolpita dalla forza di volontà.
A 50anni tutto può ancora succedere. “La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva. Bisogna ritornare sui passi già fatti, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre”. Parole di José Saramago, che mi auguro custodiscano la più bella delle profezie.
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